Vita dura quella di Malpensa, l'aeroporto della brughiera. Una vita fatta di luci e ombre, di tracolli e riprese. Tutto comincia con il progetto di Malpensa 2000: corre l'anno 1985, il progetto per creare un hub internazionale è ambizioso e comporta un investimento di 2mila miliardi di vecchie lire. Obiettivo del nuovo scalo sono 400 voli al giorno, che Alitalia alimenta con il trasferimento da Fiumicino di oltre venti collegamenti intercontinentali. Le compagnie estere trasferiscono inizialmente il 66 per cento dei loro voli precedentemente a Linate, dove rimangono solo i collegamenti Roma-Milano di Alitalia, AirOne e Meridiana.
Tutto va alla grande, il traffico di passeggeri cresce, nascono nuove rotte e vengono potenziate le tratte più frequentate. Finché, nel marzo del 2008, Alitalia molla il colpo. Tra Malpensa e Fiumicino sceglie Fiumicino. Il che significa per lo scalo lombardo un calo di 7 milioni di passeggeri, il 70% dei voli in meno, tagli per 900 lavoratori. Un de-hubbing disastroso da cui, tuttavia, Malpensa riesce a risollevarsi, piano piano e a sorpresa. Ma quello della compagnia di bandiera non è l'unico addio che fa male all'aeroporto. Lo scalo fa i conti con l'abbandono da parte di Lufthansa, sui cui aveva puntato il tutto e per tutto. E poi arriva l'adieu di Air France, che trasferisce i voli operati da Parigi sullo scalo milanese.
Poi arriva l'era del low cost, con EasyJet, che, se non altro, permette a Malpensa di sopravvivere nonostante la cancellazione di parecchie rotte internazionali. Tuttavia, secondo l'associazione Aeroporti lombardi, avere una compagnia a basso costo dentro casa «è un po' come convivere con una piccola Linate, un cavallo di Troia che, a lungo termine, porterà solo svantaggi».
Malpensa fa leva sulle promesse di rilancio (l'ultima ad opera del ministro Corrado Passera) e si tiene ben stretto il titolo di hub lombardo. Con i suoi 9 milioni di passeggeri e un traffico merci da oltre 200mila movimenti.