nostro inviato a Locarno
Volti opposti. Un Giano bifronte geografico. Cronologico. E perfino sociologico. Italia a Locarno con due film che danno del nostro Paese immagini inconciliabili. Entrambi fuori concorso, Pastorale cilentana di Mario Martone - già noto per le sue regie teatrali e per Il giovane favoloso sulla vita di Leopardi - e Lampedusa in winter di Jakob Brossmann, mettono a fuoco il Belpaese di ieri e di oggi. Il primo è il preambolo alla serata di piazza Grande e sarà al padiglione Zero dell'Expo. Introduce Amnesia di Barbet Schroeder e uno sguardo storico retrospettivo del Cilento.
È un'Italia agreste e bucolica quella descritta da Martone con una sapiente tecnica di luci e colori che si mescola alle suggestioni del XIV secolo. Protagonista è una famiglia di contadini, benestanti ma non ricchi. Semplici e soddisfatti di un tenore di vita che non lascia spazio all'indigenza. I protagonisti sono seguiti passo passo in una vita che attraversa il tempo e le stagioni. Il periodo dei primi amori fra i ragazzini. E quello della pesca. Un'abitazione umile, ma accogliente. Il sapore di una realtà contadina che non chiede, ma trova soddisfazione. Pastorale cilentana è un cortometraggio di 19 minuti, a colori, muto ma non privo di sonoro. I rumori della vita, insomma, ci sono tutti. Mancano le parole degli umani. Talvolta inutili. Superfluo commento allo scorrere di una quotidianità che trova nella sua normalità la propria dimensione più vera.
Dal Cilento trecentesco, un balzo di sette secoli porta a un altro angolo d'Italia. Una porta, se si vuole. Un ingresso. Per me si va tra la perduta gente. Ma, rispetto ad allora, non lasciano la speranza coloro che vi entrano. E proprio in nome di questo anelito il mare fa paura. La porta si chiama Lampedusa. Un'isoletta in mezzo al mare. Tra lo Stivale e il Corno d'Africa, in quella fetta di continente che si chiama Maghreb. È il dramma dei migranti. E di chi li riceve. Lampedusa in winter è un sasso nello stagno. E l'occhio in macchina, non essendo solo tricolore, sottolinea un risvolto critico sull'accoglienza italiana. Uno Stato che fa la voce grossa, ma mostra estrema benevolenza verso i nuovi arrivati. Salvo poi finirne ostaggio. Un dramma al quale le autorità si sforzano di por rimedio in nome dell'umanità. L'Italia non è Paese dal cuore indurito. Ma finisce sotto scacco. Matto. Quello di chi non riesce più a sottrarsi all'immigrazione. Alla clandestinità. Quello che non sa uccidere, ma si trova prigioniero dei peggiori fra gli Altri. Quelli che in braghe rotte invadono. E poi diventano emergenza.
È inverno a Lampedusa. E l'isola dei «rifugiati». Il destino. I turisti sono ormai spariti. Il pullulare della ricchezza è un ricordo. Lampedusa è sola. Con la sua sorte carogna. Sola in mezzo al mare. Perfino il vecchio traghetto che la collegava alla terraferma è bruciato. La paura è per tutti. Scorte che scarseggiano. Sopravvivenza a rischio. Pescatori e migranti. Il sindaco tuttofare imbarca i neri su un aereo. L'ultimo volo. Non lasciate la speranza, voi ch'entrate. Ma la perdono gli abitanti. I residenti. Quelli che stanno a casa loro. Occupano il porto. Vogliono il cibo e la vita che non è stata negata a chi arrivava dall'Africa su uno scafo ladro.
Ed è stato dirottato verso la povertà del continente. Siamo ai confini del'Europa. E forse ai confini del mondo. Un mondo che sa di tutto e di niente. Il mondo di una solidarietà bianco-nera. Il mondo della vita. Dopo un peschereccio. O un barcone.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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