Cronaca locale

«La Milanesiana è vita vera La sfida è non perdere nulla»

Domani sera il via: Roberto Herlitzka legge Dante, concerto di Alice e lectio magistralis di Mario Monti

Antonio Bozzo

L'estate porta la Milanesiana, da vent'anni. Naturale si faccia festa: la «ragazza» è cresciuta bene, «mamma» Elisabetta Sgarbi può esserne fiera. Le rivolgiamo alcune domande, alla vigilia dell'apertura di domani sera alle 21 a Palazzo Mezzanotte. Un appuntamento prestigioso che, oltre ai saluti istituzionali, vedrà all'opera Roberto Herlitzka (letture di Dante), Peppe Servillo e Alice (due concerti), lo scrittore Premio Nobel Gao Xingjian, Mario Monti (lectio magistralis).

L'edizione 2019 è dedicata alla speranza. Eppure, a leggere i giornali, pare vinca la «disperanza». Come la vede?

«I contrari stanno insieme. Ma chi fa cultura porta speranza. Ogni libro, film, spettacolo teatrale, sono atti di speranza. Il lettore che apre un libro, raccoglie un messaggio che viene da lontano e lo reinvia».

Quale tra gli oltre 200 ospiti di questa edizione la riempie di maggiore orgoglio?

«Richard Powers. Lo abbiamo rincorso per mesi, prima del premio Pulitzer. Difficile venisse, si muove poco, da anni non si vede in Italia. Ma tanto ho amato il suo romanzo, Il sussurro del mondo, che sono stata tenace. Penso abbia accettato per sfinimento. Poi è arrivata la notizia del Pulitzer».

Tra i tanti appuntamenti (66 incontri, 13 mostre), quali i tre irrinunciabili?

«La Milanesiana è un organismo vivente. La sfida è seguirla tutta, fino al 13 luglio, altrimenti sarebbe come interrompere un viaggio. Bisogna iniziare dalle due giornate di apertura, a Palazzo Mezzanotte. Sono una Milanesiana in nuce: tanta letteratura, musica, scienza, tre mostre, teatro».

Chi sono i peggiori nemici della cultura?

«Quelli che si atteggiano a persone colte, senza esserlo. Lo scrittore Gian Antonio Cibotto li chiamava imbellettuali, mi sembra la definizione perfetta».

Milanesiana da esportazione: ci sono progetti per portarla anche all'estero?

«Nova Gorica/Gorizia è la candidatura transfrontaliera a capitale della cultura europea 2025 che ho sposato immediatamente, perché ricca di suggestioni. C'è stata anche un'ipotesi della Milanesiana a Berlino, vedremo».

Ha pensato a un ricordo-omaggio dello scrittore Sergio Claudio Perroni, che si è ucciso a Taormina il 25 maggio scorso?

«Avevamo programmato due mostre. Una alla Galleria di Antonia Jannone, di sue fotografie, con i testi di Entro a volte nel tuo sguardo; l'altra con la Fondazione Meyer all'ospedale pediatrico di Firenze, con le tavole di Leila Marzocchi per La bambina che somigliava alle cose scomparse. Si svolgeranno, ma non è un omaggio. Il dolore è troppo grande, lui troppo vicino per passare già nella memoria. Ci sarà la sua compagna di vita, la bravissima poetessa Cettina Caliò, che ha seguito con Sergio il progetto della mostra milanese».

Milano ha davvero il peso di una grande metropoli laboratorio di idee o le manca qualcosa?

«Viaggia a grande velocità, anche dal punto di vista culturale. Dovrebbe tentare di essere il più inclusiva possibile, non lasciare indietro pezzi di città.

Ha la possibilità per riuscirci».

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