La pressione fiscale su uffici e capannoni non aiuta le imprese a cogliere la ripresa del Pil che a Milano è molto consistente, su livelli quasi doppi rispetto al resto del Paese. Il dato impatta anche sull'occupazione. L'incremento delle tasse sugli uffici (+8,7% in cinque anni) e sui capannoni industriali, pari al 9,1% tra 2012 e 2017, ha portato l'importo medio delle tasse sui capannoni da 36.601 a 39.947 euro. Oltre l'apparente freddezza dei numeri, nella sede milanese di Assolombarda arriva la traduzione in esseri umani. «La somma di 39.947 euro è circa il costo annuo di due lavoratori» dice Carlo Ferro, vicepresidente di Assolombarda con delega a Politiche industriali e Fisco. Il senso è che se venisse rimodulato il carico fiscale di Imu, Tasi e Tari, le imprese potrebbero assumere un maggior numero di dipendenti.
Esistono Comuni virtuosi e Comuni viziosi nella rilevazione, che ha interessato i territori di Milano, Lodi, Monza e Brianza. A guidare la classifica della maggiore pressione fiscale su capannoni e uffici è Milano, con oltre 16mila euro di imposte locali, senza contare gli oneri di urbanizzazione. Seguono Sesto San Giovanni, Paullo, Rozzano e Cologno Monzese. Monza e Lodi, gli altri comuni capoluogo all'interno della rilevazione, arrivano a una certa distanza ma pur sempre in posizioni ad alta pressione fiscale: sono rispettivamente ottava e undicesima in questa poco gradevole classifica.
Il focus su Milano, maglia nera per le imposte locali, si allarga anche ad altri dati importanti. A Milano, così come negli altri Comuni capoluogo, ci sono da considerare anche variabili positive di cui possono godere, prima ancora che i cittadini, le imprese. «Le imposte sono più alte anche perché il territorio è più vivace, garantisce maggiore supporto alle imprese per mezzo di infrastrutture e servizi, che sono utili per l'innovazione e la creatività delle imprese» spiega Verro. In questo ambito si collocano le agevolazioni per le start up e per i nuovi investimenti produttivi, con l'esenzione o la sospensione dei tributi locali (ciò che accade anche a Sesto San Giovanni e Rho).
Milano offre maggiori possibilità di occupazione e più speranza grazie ai dati sulla crescita, in netta ripresa anche rispetto ai livelli precedenti alla crisi e in controtendenza sulla situazione nazionale. Dati che sono molto positivi anche per il resto della Lombardia, che però non è ancora uscita dal picco negativo causato dalla crisi economica.
Secondo un'analisi del Centro studi di Assolombarda, il Pil lombardo è aumentato dell'1,8% nel 2017, con una crescita complessiva di +5,1% nell'ultimo quadriennio. Per Milano la crescita è stimata al +1,9%. La ripresa, che è partita nel 2014, sembra essere ormai solida. Nel quadriennio 2014-2017 Milano cresce del +6,2%, quasi due volte il ritmo dell'Italia (+3,4%), e oggi risulta del 3,2% sopra il livello pre crisi. Il differenziale rispetto al momento precedente la crisi economica è invece ancora negativo per la Lombardia (-1,1%) e soprattutto per l'Italia nel suo complesso (-4,5%).
Dati positivi che spingono gli
imprenditori a chiedere un volano per agganciare la ripresa. «La leva fiscale può concedere maggiore attrattività - dice Ferro - , anche se sappiamo che i margini di manovra degli amministratori locali sono molto limitati».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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