Beppe Grillo come l'ultima Dc. Confinato nelle roccheforti meridionali. È un verdetto amaro, per il Movimento fondato dal comico genovese, quello che arriva dalle circoscrizioni settentrionali e dalle capitali del Nord. A Milano i 5 Stelle si sono fermati a un magro 14%. Nel nord-ovest sono arrivati al 18, nel nord-est hanno sfiorato il 19. È andata meglio al centro, dove Grillo è arrivato 21% e infine al sud e nelle isole, dove le percentuali sono salite rispettivamente fino al 24 e al 27%. Dati ragguardevoli certo, ma deludenti se si tiene conto delle ambizioni proclamate fino alla vigilia del voto: Grillo aveva alzato l'asticella fino al massimo livello possibile, vale a dire la sfida per il governo del Paese. E il Paese ha risposto «no, grazie», anzi è corso alle urne proprio per scongiurare un possibile successo dei 5 Stelle.
È chiaro che il non-programma del non-partito ha suscitato comprensibili timori in larghissimi strati dell'Italia economicamente più dinamica.
I grillini, dunque, hanno visto sì le stelle, ma un po' come pugili suonati. E i colpi peggiori probabilmente se li sono inferti da soli, con toni ansiogeni e proposte inattuabili o strampalate. Lo sbandierato «reddito di cittadinanza» deve essere apparso a molti come un inutile strumento di assistenzialismo di massa. E la fantomatica «decrescita felice» certo non ha convinto le aree produttive della Lombardia, del Veneto, dell'Emilia.
Segnali di diffidenza si erano già registrati nel recente passato. Alle Politiche del 2013 i 5 Stelle in Lombardia avevano raccolto 17%. Tanto, ma non uno «tsunami». Alle Regionali del 2013 la candidata Silvana Carcano era ulteriormente scesa, facendosi notare per alcune prese di posizione giudicate poi piuttosto strampalate. Ed è un capitolo tutto da sottolineare, quello dei candidati. A partire da Vito Crimi, sbarcato a Roma da numero tre del Movimento e poi presto accantonato. Non molto diversa la sorte di Mattia Calise, che a Palazzo Marino non è riuscito a incidere praticamente mai sulle sorti dei provvedimenti discussi in Consiglio o sugli equilibri interni al centrosinistra.
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