Milano rende omaggio al «suo» Bramantino

Milano rende omaggio al «suo» Bramantino

Nella cosiddetta Sala della Balla al primo piano del Castello Sforzesco campeggia da sempre una serie di giganteschi arazzi che fanno pendant con i pezzi migliori della collezione di strumenti musicali del XVIII secolo. I frequentatori (non molti purtroppo) dei pregevoli musei sforzeschi sanno che molte di quelle scene ricamate provengono dai cartoni di Bartolomeo Suardi detto il Bramantino, artista vissuto a corte agli inizi del 1500 e che deve il nomignolo al rapporto con il più celebre maestro Bramante, pupillo di Ludovico il Moro. Aldilà del vezzeggiativo, Bramantino era in realtà pittore raffinatissimo nonchè architetto (anche se l'unica opera architettonica che gli viene attribuita è il Mausoleo Trivulzio addossato alla Basilica di San Nazaro) e anzi, addirittura, il Vasari stesso lo descrisse come «il primo lume della pittura che si vedesse di buona maniera in Milano e cagione che dopo lui Bramante divenisse, per la buona maniera che diede a' suoi casamenti e prospettive, eccellente nelle cose d'architettura, essendo che le prime cose che studiò Bramante furono quelle di Bramantino». Quasi che insomma il vero maestro fosse lui anzichè Bramante. Al grande artista rinascimentale oggi Milano dedica una mostra proprio all’interno di quel Castello che possiede opere importanti, tra dipinti, arazzi e disegni. Mancano all’appello, è vero, capolavori come la Madonna del latte conservato al museo di Boston, l’Adorazione dei Magi presente alla National Gallery di Londra, o il Vir Dolorum della Collezione Thyssen di Madrid. Ma la mostra ha il merito di fare il punto sul patrimonio milanese che rimane il più importante, con una ventina di opere provenienti anche dalla Pinacoteca Ambrosiana, da Brera e da raccolte pubbliche e private di Milano. L’esposizione, che parte dalla Sala del Tesoro, consente di seguire la carriera del Bramantino partendo dall’ Adorazione del Bambino della Pinacoteca Ambrosiana, per poi muoversi verso il San Sebastiano di una raccolta privata, il Noli me tangere delle Civiche Raccolte d’Arte Antica e la Madonna con il Bambino e Angeli della Pinacoteca di Brera.
Nella Sala della Balla, invece, è stato interamente stravolto l’allestimento permanente, con la disposizione lungo l’intero perimetro dei dodici arazzi dedicati ai mesi dell’anno. Un progetto, questo curato dal critico Giovanni Agosti e con l’allestimento di Michele De Lucchi, fortemente voluto dall’assessore Stefano Boeri nell’intento di valorizzare il nostro patrimonio cittadino e un circuito di musei decisamente sottovalutato. «Con la mostra sul Bramantino realizziamo, con assoluta autnomia di mezzi e di gestione (non accadeva da 20 anni) un grande autore lombardo su cui si sta concentrando l’attenzione della storiografia critica internazionale» ha sottolineato l’assessore.

«La parabola del Bramantino – ha invece detto Agosti – dimostra la sintonia con le ricerche più avanzate del suo tempo: la Ferrara espressionista di Ercole de’ Roberti, le sperimentazioni di Leonardo, la Roma città aperta di Giulio II prima di Raffaello, i languori di Giorgione e del Correggio. Tutto attraversato da una peculiare cifra stilistica, votata a una sorta di mastrazione, fino a dare vita a immagini dalle iconografie spesso stravaganti e misteriose».

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