"Milano sulle moschee non sta facendo scelte al passo con l'Europa"

Milanese, è il massimo esperto di islamismo: "Politici di ogni colore seguono altra linea"

"Milano sulle moschee non sta facendo scelte al passo con l'Europa"

«Milano su questo non è al passo con l'Europa. Non è al passo con un discorso paneuropeo in cui l'islamismo è attenzionato e visto fra l'altro come estrema destra islamica. Milano su questo non è al passo con la sinistra europea».

Lorenzo Vidino, 44 anni, milanese, direttore del Programma sull'estremismo della George Washington University, oggi è il massimo esperto di integralismo islamico. Quando un governo deve capire che succede, chiama lui. Ha collaborato fra l'altro con Gran Bretagna, Usa, Austria, Svizzera e Olanda. In Italia ha coordinato la Commissione sulla Radicalizzazione jihadista a Palazzo Chigi. Studia da anni i Fratelli musulmani ed è appena uscito in Italia il suo libro: «Islamisti d'occidente».

Professor Vidino, questo lavoro illumina una zona d'ombra.

«È il frutto di 20 anni di studio. Pochi si occupano di questo mondo in Occidente. Ed è paradossale, perché i Fratelli musulmani hanno grandi capacità e risorse, e proponendosi come rappresentanti del mondo islamico riescono a plasmare la realtà, spesso anche grazie all'approccio naif di un certo establishment europeo. Ma è una realtà che si conosce poco, anche per la segretezza».

È un movimento di élite, non di massa.

«Non cerca adesioni di massa, è selettivo come si vede dalle storie che ho raccolto. Sceglie chi entra dopo un percorso che dura anni. I numeri dei membri sono ridotti: un migliaio di persone nei Paesi grandi, qualche centinaio negli altri. Ma a fronte di questo, i membri hanno grande influenza e capacità di usare gli altri islamisti, di stringere alleanze con attivisti di destra o di sinistra, di porsi come leader delle comunità».

E in Italia?

«Si può stimare qualche centinaia di persone. L'organizzazione è verticistica e strutturata. Se si è membri si fa giuramento, si devolve una parte del reddito. Poi ci sono tutta una serie di soggetti che hanno legami di varia natura, o che lavorano in enti legati alla Fratellanza».

Che resta, si deve dire, un'organizzazione lecita.

«Sì, il dibattito spesso è troppo schematico. Da una parte chi li accusa di tutto, dall'altra chi li assolve. Ma è una dicotomia sbagliata. La Fratellanza ha un rapporto complesso con la violenza. Non la condanna in quanto tale ma la usa solo quando la vede come la tattica migliore, con una valutazione costi-benefici. In Occidente non è un'organizzazione che risulta coinvolta in azioni violente. È vero che dà supporto di vario tipo ad altre realtà sue, ma è sbagliato associarla a fenomeni violenti o ad attentati».

Hamas è Fratellanza nei territori palestinesi.

«Infatti, fanno è una valutazione caso per caso di quello che è lo strumento più utile a far avanzare la propria agenda. Una condanna nei loro scritti non c'è. Guardano ai jihadisti come dei faciloni. Compagni che sbagliano».

Il punto allora qual è?

«Non è una dicotomia bravi-terroristi. Mi convince l'approccio tedesco. I servizi fanno un monitoraggio di due tipi: gruppi terroristici, che rappresentano una minaccia securitaria, e poi una seconda fascia: gruppi legalisti, uno è presente anche a Milano, che operano nei confini della legge, rispettano ipocritamente la democrazia e sono tollerati dallo Stato che però li monitora. Nessuno si sognerebbe di dar loro benefici o spazi».

In Italia l'approccio non è quello tedesco?

«Non solo tedesco, è un discorso europeo, più recente, che prescinde da visioni di destra o sinistra. Kurtz, Macron, il governo socialista danese, fanno tutti questa analisi: organizzazioni del genere creano polarizzazione, separatismo, che è il contrario dell'integrazione ed esprimono posizioni che sono altamente problematiche sulla libertà religiosa, sulle donne, sugli omosessuali. Non la contrarietà alle adozioni gay ma l'idea che gli omosessuali debbano essere puniti gettandoli dal palazzo più alto della città».

Quindi?

«Possono avere il diritto di esistere ma in Europa è assodato che certe organizzazioni siano altamente problematiche, quindi non solo non le si agevola, sarebbe controproducente, ma se ne limita la portata. A sinistra, al centro e a destra. Macron non è certo un reazionario. Vengono limitate, non ricevono spazi o strutture».

E Milano?

«Milano su questo non è al passo con l'Europa. Con questo discorso paneuropeo, in cui quell'islamismo è attenzionato, limitato e visto fra l'altro come estrema destra. Estrema destra islamica».

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