Non è scappato, ha collaborato alle indagini. E, soprattutto, non aveva intenzione di uccidere. Ecco le motivazioni per le quali il giudice preliminare Gianfranco Criscione ha deciso di concedere gli arresti domiciliari al protagonista del caso di cronaca nera di cui da giorni si discute a Milano: la morte del tassista Alfredo Famoso, colpito al volto durante una lite stradale in via Morgagni e spirato dopo un giorno di coma. Una vicenda che, nella ricostruzione del giudice, esce dagli scenari di violenza metropolitana in cui era stata collocata a botta calda, e prende i contorni di una tragedia assurda: una tragedia figlia di comportamenti frequenti nelle piccole liti stradali da stress urbano. Per questo a Righi è stato concesso di lasciare il carcere e tornarsene a casa agli arresti domiciliari: dove tra poco lo raggiungeranno la sua compagna, che era con lui al momento del dramma, ma anche la bambina che proprio ieri la donna ha partorito.
Scrive il giudice: «È più che plausibile che Righi abbia agito nello stato d'ira determinato dall'ingiusta condotta del povero Famoso, il quale, infatti, non contento di aver quasi investito lo stesso Righi e altre persone sulle strisce pedonali, si fermava e scendeva dal proprio veicolo per lamentarsi minacciosamente col medesimo Righi del danno che quest'ultimo aveva cagionato allo stesso veicolo». E ancora: «La dinamica della vicenda porta senz'altro ad affermare che l'indagato, pur avendo colpito il capo della vittima con una pesante arma impropria, non avesse l'intento di uccidere Famoso, bensì solo quello di arrecargli una lesione o, comunque, di percuoterlo».
I testimoni oculari, d'altronde, sono concordi nell'affermare che tutto inizia quando il taxi guidato da Famoso tira dritto all'incrocio, nonostante le strisce pedonali e la presenza di Righi e della sua compagna, vistosamente incinta, nonchè di un altro pedone. É questa la «provocazione» che porta il giudice a concedere le attenuanti a Righi. Ma i testimoni sono anche concordi nel dire che la reazione del pedone è spropositata: prima colpisce l'auto con le bottiglie di plastica, poi, dopo un breve alterco, colpisce il tassista al volto, ancora con le bottiglie. Invano, nel suo interrogatorio, Righi ha cercato di convincere il giudice di non avere inteso colpire nè il taxi nè il tassista.
Sia il suo comportamento in via Morgagni che il vecchio precedente penale, quando venne condannato per violenza privata ai danni della ex fidanzata, hanno convinto il giudice che il cinquantenne siciliano «è soggetto che tende a risolvere con l'uso della forza anche i più semplici e futili conflitti interpersonali», e per questo è necessario privarlo in qualche modo della libertà: ma gli arresti domiciliari, afferma il gip, sono più che sufficienti.
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