Il ministero dice no alle scuole ghetto, non il Comune

Dal governo la disposizione a non isolare i bambini disabili, ma a Milano non cambia ancora nulla

Il ministero dice no alle scuole ghetto, non il Comune

Sveva anche ieri mattina è andata a scuola, alla materna di Corso XXII Marzo: una scuola non sua, che non conosce, con bambini che non ha mai visto. E tutti disabili. Sabato sera, dopo tre giorni di questa esperienza, era crollata: una crisi di nervi, «una cosa mai vista», dice la madre Federica.

«Sono davanti a una regressione senza precedenti», aggiunge. Per la mamma di Sveva la causa è una sola: la decisione del Comune di Milano di applicare la norma sull'accesso agli asili dei bambini con difficoltà in modo restrittivo. Solo loro, solo tra di loro. «Un ghetto per disabili», li ha definiti Federica in una lettera all'assessore all'Educazione Laura Galimberti.

Tre giorni fa, arriva la potenziale svolta: il ministero dell'Istruzione modifica le disposizioni contenute nell'ultimo Dcpm, specificando che insieme ai bambini con bisogni speciali e disabilità potranno accedere alle scuole anche alcuni loro compagni, in modo da garantire quella inclusività che è uno dei pilastri della formazione dei piccoli svantaggiati.

Una serie di Comuni italiani si sono già mossi, avviando il percorso per individuare nelle classi di provenienza dei disabili alcuni compagni che possano partecipare insieme a loro alle attività anche durante il periodo di zona rossa. Negli asili comunali di Milano, invece, non si muove nulla. Anche oggi Sveva andrà a scuola, circondata da adulti e avrà per unici compagni bambini con le disabilità più diverse, fisiche e mentali, con cui avviare un percorso comune.

Apparentemente la nuova disposizione ministeriale parla chiaro: «Al fine di rendere effettivo il principio di inclusione valuteranno di coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti allo stessa sezione o gruppo classe, con i quali gli studenti Bes (acronimo di Bisogni educativi speciali) possano continuare a sperimentare l'adeguata relazione nel gruppo dei pari, in costante rapporto educativo con il personale docente e non docente presente a scuola». La direttiva è destinata a tutte le scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e primarie. Alcune materne statali stanno muovendosi in questa direzione.

Per ogni alunno disabile viene prevista la presenza di quattro o cinque compagni, turnando ogni due giorni: volti amici, un percorso che continua a andare avanti. Invece per Sveva e per gli altri allievi delle materne comunali non è cambiato nulla.

Negli ambienti dell'assessorato all'Educazione si spiega l'inadempienza con la difficoltà di reperire volontari sufficienti tra gli educatori e soprattutto di stabilire i criteri di scelta dei bambini non disabili ammessi a frequentare gli asili insieme ai compagni con insegnante di sostegno.

In un momento in cui la chiusura delle scuole sta creando grandi problemi di organizzazione alle famiglie dove entrambi i genitori lavorano, aprire questa finestra rischia di scatenare una gara difficile da arbitrare.

Anche se in realtà una risposta è già contenuta nel documento ministeriale: la scelta dei compagni deve avvenire

«secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la rotazione in un tempo definito». Si fa a turno, insomma. «Non dovrebbe essere così difficile da organizzare», dice amara la mamma della piccola Sveva.

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