Moschee, lavoro, autonomia Sfida aperta fra i candidati

Il sindaco renziano: «Luoghi di culto, cambiare legge» E sul lavoro ammette: «In Lombardia storia positiva»

Conservare il lavoro fatto sulla formazione, cambiare la legge anti-moschee. La linea di Giorgio Gori si declina così, nella quintultima giornata della campagna elettorale, giocata tutta a Milano su due confronti con Attilio Fontana, uno mediatico e indiretto, l'altro reale. Il sindaco di Bergamo, candidato governatore del Pd, dovendo rimontare su un elettorato che tradizionalmente è orientato a premiare il centrodestra, ha capito che non deve prospettare grandi rivoluzioni. Fa il «migliorista». «Fare, meglio», appunto, è lo slogan che accompagna e sintetizza la sua campagna elettorale, quello che gli ha rimproverato la sinistra-sinistra intenzionata invece a «fare altro», e non solo «meglio». Gori no, ha un'altra strategia. Vuole vincere e dunque deve sedurre l'elettorato che nelle ultime legislature ha dato fiducia a Formigoni prima e a Maroni poi. Lo si capisce bene, quando nel primo pomeriggio si presenta all'auditorium della Fondazione Cariplo per un confronto su «Giovani, formazione, lavoro: quale futuro?». In via Romagnosi, padrone di casa il presidente della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti, e promotore del confronto è l'Associazione degli enti di formazione, che in Lombardia ha 45 soci e in un anno conta oltre un milione e 600mila ore di formazione e 30mila giovani (apprendisti e iscritti nei percorsi triennali). Antonio Bernasconi, coordinatore Aef e direttore Enaip, inquadrando il tema parla di «risultati lunsinghieri» e chiede di portare anche in altre Regioni il modello sperimentato con successo in Lombardia, anche se ovviamente individua obiettivi ulteriori da perseguire. Il merito dei risultati riconosciuti alla Lombardia viene ascritto alle «intuizioni» di chi ha amministrato negli ultimi 40 anni.

Gori prende la parola, sciorina cifre e argomenti ed enuncia la sua tesi: la Lombardia fa meglio dell'Italia ma peggio delle altre locomotive europee. Prima però chiarisce che considera questa lombarda una «storia positiva»: una sorta di eresia, per la sinistra milanese di estrazione Pci-Pds-Ds.

Fontana al contrario va sul velluto. Può rivendicare senza imbarazzi di sorta l'azione di governo delle ultime giunte regionali, con dote-lavoro, dote scuola, alternanza scuola-lavoro e apprendistato. Fontana vede «grandi risultati» e ammette: «Si può fare ancora meglio, certo, ma solo proseguendo nel percorso tracciato». Poi chiude agevolmente la pratica declinando le sue idee sui finanziamenti europei e puntualizza le opportunità che si potrebbero aprire con l'autonomia regionale in discussione fra Pirellone e governo. Applausi per entrambi dalla platea Aef-Cariplo. Musica molto diversa sui temi della sicurezza e dell'immigrazione, dove la distanza è siderale. Rispondendo alle domande dei giornalisti e del loro presidente dell'Ordine Alessandro Galimberti, nell'auditorium dello Iulm, Gori spiega fra l'altro come intende governare il fenomeno dell'immigrazione e chiarisce cosa vuol fare della legge regionale 2/2015, la cosiddetta «anti-moschee». La libertà di culto - spiega - è un «diritto costituzionale da garantire».

La legge, secondo lui, va «modificata, non abrogata», mentre vanno ancora oltre il candidato dei 5 Stelle Dario Violi e quello di Leu Onorio Rosati, che vorrebbe abrogare la legge e sbloccare tutte le domande sulla edificazione di luoghi di culto». Inutile dire che per Fontana, come per l'intero centrodestra, la legge è una specie di baluardo intoccabile.

AlGia

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