Cronaca locale

Il "museo delle culture" dei missionari ambrosiani

Il PIME presenta un centro di mille metri quadri aperto al pubblico e una collezione di capolavori dal mondo

Il "museo delle culture" dei missionari ambrosiani

«Ho trascorso quasi tutta la mia vita in missione: poi nel 2017 sono tornato a Milano e mi sono reso conto che la situazione era molto cambiata. Ho pensato siamo in missione anche qui». Il senso della vita missionaria per la città lo spiega bene padre Mario Ghezzi, direttore del Pontificio Istituto per le missioni estere, il Pime, che ha inaugurato la sua rinnovata sede in via Monte Rosa a Milano. Un luogo aperto al mondo per definizione, se si pensa che da qui partono i 450 padri che ad oggi sono sparsi nelle zone più remote del pianeta, con lo scopo di «annunciare il Vangelo dove la Chiesa non è ancora arrivata», come ha sottolineato nel suo messaggio padre Ferruccio Brambillasca, superiore generale della congregazione. Forse però ancora non molto aperto, almeno fino ad oggi, ai milanesi: sono in pochi, probabilmente, a sapere che a due passi da City Life, nella stessa via dove sorge l'avveniristica sede del Sole24Ore, c'è un Museo dei popoli e delle culture, che raccoglie un'esposizione di oggetti da tutto il mondo da fare invidia alle grandi collezioni post-coloniali. A portarli in Italia nel corso di quasi 170 anni di storia (il Pime è stato fondato nel 1850 proprio nell'arcidiocesi della Madonnina) gli stessi missionari, come testimonianza dell'incontro tra filosofie e religioni. Ed è così che nel seminterrato della storica sede generale, fra gli archi di quella che fu una cantina, si possono trovare statue del Buddha ornate di pietre preziose, altari malesiani, e maschere tradizionali di tribù africane ormai sparite; usufruendo di schermi 3d e interattivi il visitatore comprenderà il senso di questi oggetti nella cultura di riferimento.

A fare il resto dovrà essere la capacità di leggere fra le righe, nelle storie straordinarie di vite consacrate alla diffusione di una messaggio semplice: «La bellezza di essere cristiani», come ha osservato l'arcivescovo di Milano, Mario Delpini, che domenica celebrerà messa nel giardino riammodernato. «La globalizzazione livella in un'omogeneità uniforme - ha ammonito - La missione, invece, ha spirito globale, ma valorizza le culture locali senza spegnerle». Un'esperienza che, nella riflessione del successore di Ambrogio, diventa un invito alla città a «mettere in discussione anche le cose milanesi».

Dopo il Camerun, la Cambogia, il Kerala e l'Iraq, è Milano oggi il «territorio di missione» per i padri, che per questo hanno affiancato - con un'idea non tradizionale - nella stessa sala del museo, un caffè e un negozio solidale, sempre aperti, per dare vita a eventi e presentazioni di libri «magari nella veloce pausa pranzo degli impiegati». Nel ricco quartiere della Fiera i missionari di oggi vogliono «raccontare il mondo» a modo loro: con i suoi teatri di disperazione, come l'Amazzonia devastata dagli incendi, territorio in cui sono presenti al fianco delle popolazioni indigene da 70 anni; ma anche con i 40mila volumi della biblioteca e con un Teatro dotato di un suo cartellone.

Senza dimenticare il cuore della vita missionaria, l'aiuto: le adozioni a distanza, di cui solo nell'ultimo anno hanno beneficiato 12mila bambini, e i progetti di aiuto per i disabili.

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