Come accade spesso alle donne di grande fascino, in cui i fiori della loro bella giovinezza non maturano nei frutti promessi, anche i Navigli sono stati traditi dalla vita e regolarmente disillusi dai patti degli uomini. L'acqua non è ancora scorsa in essi come avrebbe dovuto, e questi corsi sono tuttora inadeguati a raccontare la Milano acquatica, fluida, gorgogliante che fin dalle origini le vene fiumose avrebbero dovuto suscitare in una città senza fiume, mare, lago, sponde, eppur immensa di quella grandezza che solo le onde in altri centri urbani nei secoli hanno protetto e con una potenziale vescica idrica da inondare la pianura Padana, che fa della metropoli una signora immersa in un bacino mai venuto a galla. Da magre bestie da soma, ai tempi in cui trasportavano in città il marmo di Candoglia per il Duomo, a oggetto di rifacimenti, progetti, disegni, piantine, cantieri, lavori che non partono mai, i Navigli con il loro amplesso amoroso intorno al Duomo ritentano l'impresa di risorgere, splendendo in un volume, «Navigliando con Leonardo», LittleItaly edizioni.
Diciasette euro per conoscere da vicino queste strade lemmi e tormentate, a fronte di quei 19 milioni di euro che la società Expo investirà per la ristrutturazione di una Darsena che da tempo non si fa più riconoscere, insozzata com'è, e che attende il Natale 2014, 500 giorni, uno più, uno meno, a partire da oggi, per capire nel profondo se sarà veramente l'anno in cui andrà con giustizia in gloria. Pubblicato come strenna nel 1886 dal Pio istituto dei rachitici, divenuto poi Istituto ortopedico Gaetano Pini, il libro è una miscellanea di scritti di carattere storico, artistico, politico, nei quali i Navigli non smentiscono d'aver accompagnato in tanti sensi, umano, amoroso, civile, la vita di Milano, essendone di fatto alla fine sempre stati rifiutati.
Dai progetti di Leonardo, che non furono originali e innovativi come si è sempre tramandato, almeno da quanto si legge nello studio d'apertura di Luca Beltrame, alle narrazioni tenebrose ispirate da queste vene immobili, spesso scure e maleodoranti, piene di rane e di esistenze stentate, dove vanno a morire le rondini e i topini, il profilo delle vie d'acqua milanesi spiffera un'unica autenticità: la vicenda Navigli si ripete da secoli uguale a se stessa. Essi sono stati di fatto più un ideale che un'oggettiva concretezza per la città e come scrive Bruno Sperani: «Non è vero che l'ideale si possa scordare. Sia religioso, sia filosofico, sia umano, la mente che lo ha compreso, il cuore che lo ha adorato, non si consoleranno mai d'averlo offeso o perduto, non si appagheranno d'altre soddisfazioni».
Ora Expo scommette di non offendere più i Navigli e la Darsena.
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