Cristina Bassi
Luca Fazzo
Nessuno li conosceva, nessuno se li ricorda, nessuno ha mai ricevuto richieste da loro. All'indomani della retata della Procura che ha spedito in carcere undici persone, accusate di finanziare la mafia catanese con i soldi rastrellasti sugli appalti a Milano, quel che più colpisce è la sequenza di reazioni tutte uguali che vengono da professionisti e politici che, secondo le carte dell'inchiesta, il clan avrebbe contattato. «Mai visti né sentiti». Ma il giudice che ha ordinato gli arresti dà i contatti per assodati, e assodato dai pedinamenti è il continuo ronzare degli indagati intorno ai luoghi del potere milanese: compresi Palazzo Marino, Palazzo Lombardia, giardinetti e bar sottostanti.
Il caso più eclatante è quello dell'incontro che sarebbe avvenuto tra uno degli arrestati, Emanuele Micelotta, e l'ex assessore comunale Franco D'Alfonso nello studio dell'architetto milanese Fabio Rotella, in corso Buenos Aires. Già a botta calda D'Alfonso aveva smentito, ammettendo di conoscere dei personaggi citati solo il sindacalista Uil Domenico Palmieri. Ieri smentisce anche Rotella: «Sono basito, non ho mai conosciuto nessuno di questi signori e nemmeno D'Alfonso; e l'unico lavoro che ho mai fatto per il Comune è il mosaico sul muro della Centrale del Latte». Altrettanto categoriche le smentite da Cinisello Balsamo. Dove il clan avrebbe arruolato il consigliere di FI Angelo Di Lauro per impiantare campi da tennis, campi gioco, bar e pub su Villa Casati, uno dei beni più antichi di Cinisello: «Non c'è nessuna proposta di variante depositata presso gli uffici e nessuno mi ha mai presentato questa possibilità», taglia corto ieri il sindaco Siria Trezzi. Secondo il gip, il clan era già pronto al passaggio successivo, assoldando dopo Di Lauro un assessore: eppure, secondo le stesse carte, la villa appartiene all'ente morale «Vocazionario lombardo della pia società San Paolo», che pare arduo considerare emanazione della mafia siciliana.
Nel mirino anche due appalti della Città metropolitana, l'ente che ha preso il posto della Provincia, per cui verrebbe contattato Alberto Di Cataldo, direttore dell'area Promozione dello sviluppo economico e sociale. «Il direttore non ha subito alcuna pressione indebita né ha avuto sentore di attività illecita, altrimenti lo avrebbe segnalato alla magistratura», dicono in via Vivaio. E peraltro uno degli appalti presi di mira dalla banda, quello per il ristorante all'Idroscalo, non è gestito dalla Città metropolitana ma dalla società concessionaria dell'impianto. Idem a Pogliano Milanese, dove l'intermediario dei catanesi Palmieri il 13 dicembre scorso avrebbe incontrato il sindaco («il numero uno») per procacciare appalti al clan: «Ma io - spiega ieri il primo cittadino Vincenzo Magistrelli - questo signore non l'ho mai visto in vita mia. Il primo appalto nel mirino, quello per due centri commerciali, a quella data era già assegnato». Mentre quello per la ricostruzione del bar del centro sportivo, demolito (strano ma vero) dal vecchio gestore non è mai stato varato. Grazie ai buoni uffici della funzionaria di Palazzo Marino Giovanna Afrone l'organizzazione ottiene la commessa per lo smontaggio e il lavaggio delle tende nelle scuole comunali. Palmieri e Micelotta invece parlano in un'intercettazione di fissare un incontro con il sindaco di Assago Graziano Musella che gestiva «alcuni importanti appalti». Spiega Musella: «Ho già riferito alla magistratura (in qualità di persona informata sui fatti, ndr) la mia versione riguardo ai rapporti con Palmieri. Sono tranquillo». Le gare nell'orbita dei faccendieri dei boss sono decine. Molte andate a buon fine, altre solo ambite. Come quella per l'allestimento delle cabine elettorali per il referendum del 4 dicembre scorso. Nel febbraio 2016 - si legge negli atti - Orazio Elia, indagato, riferisce a Micelotta di un progetto proposto da un certo «comandante», per riconvertire «una struttura edilizia (...) all'interno del parco della Villa Comunale di Monza».
A marzo 2017 «Palmieri informava Fazio Alessandro (arrestato, ndr)» su una gara «che sarebbe stata bandita dalla Regione Lombardia entro il mese di aprile, avente ad oggetto i servizi di guardia armata». Lo stesso Fazio che ha «in mano» tutta la sicurezza dei supermercati Lidl.
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