Vabbè che la vita è questione di punti di vista: ma così si esagera. Per esempio: il Cracco di via Victor Hugo è il miglior ristorante di Milano, come sostiene l'ultima edizione della Guida Michelin, che lo omaggia di due stelle? O invece il posto che gli compete è al numero 414 della classifica, un gregario nel pelotòn del giro gastronomico della città, come sostiene TripAdvisor, nuova bibbia autogestita dei viaggiatori fai-da-te? E la stessa sorte tocca a tutti i grandi della ristorazione meneghina, celebrati - chi più chi meno - dalle guide specializzate. E trascurati o addirittura maltrattati da TripAdvisor, che viceversa alza agli onori del podio locali che la visita di un critico gastronomico non l'hanno probabilmente mai nemmeno ricevuta.
Ovviamente, le grandi guide e le recensioni degli utenti raccolte da TripAdvisor seguono logiche e obiettivi diversi. Per il sito internet, un parere vale l'altro: quello del viaggiatore anonimo, del cliente amico del ristoratore, di chi non capisce niente di cucina, di chi si preoccupa più del prezzo che della qualità. D'altro canto, le critiche «dal basso» di TripAdvisor si vantano di essere libere dal condizionamento che spesso segna i rapporti tra grandi chef e giornalisti. Ma il risultato è che il turista ignaro che arriva in città, con in tasca l'ultima edizione Michelin e sullo smartphone il collegamento a TripAdvisor, rischia di trovarsi precipitato nell'indecisione più totale. A chi dare retta?
Dei dieci ristoranti che per la guida rossa costituiscono l'eccellenza sotto la Madonnina, nessuno è nei primi dieci di TripAdvisor. Il Trussardi alla Scala è al posto 154, il Vun del Park Hyatt al 280, il Savini all'878, il Marchesino alla Scala addirittura al 914. E le critiche sono a volte condite da giudizi sferzanti, come è nella tradizione di TripAdvisor (e non a caso i gestori del sito tengono a precisare che «questa recensione rappresenta l'opinione personale di un membro»).
Specularmente, quelli che per TripAdvisor sono i ristoranti da non perdere per chi passa a Milano, sono degli emeriti sconosciuti non solo per la Michelin ma anche per tutte le guide più autorevoli. Il sito ci mette del suo a fare confusione, mettendo in una stessa classifica ristoranti, snack bar, pasticcerie, gelaterie: con il risultato che la medaglia d'oro va alla pasticceria «Castelnuovo» di via Lorenteggio, specialità pugliesi, osannata da una claque di clienti come miglior locale di Milano. Ma anche se si depura la graduatoria e la si restringe ai ristoranti veri e propri, la situazione non cambia: sembra che si parli di un'altra città. L'unico nome «storico» nei primi dieci è il Don Carlos di via Manzoni, che i critici ufficiali considerano da tempo decaduto, mentre qui invece raccoglie ancora giudizi lusinghieri. C'è un etnico, il giapponese Iyo di via Pier della Francesca. Per il resto, una lunga lista di Carneadi, spesso periferici. Ma che, secondo gli internauti, meritano una visita ben più dei locali degli chef pluristellati.
A partire dal numero uno della classifica, il The Small, diciannove metri quadri all'angolo di piazza Argentina, il cui titolare Alessandro Lo Piccolo si gode con understatement questa gloria inaspettata: «Meglio io di Cracco? Non scherziamo, Cracco è un gigante e io non sono neanche un cuoco, sono uno che ha avviato una impresa con un solo dipendente, nel senso che io servo in tavola, sparecchio, pulisco. Ho un cuoco che si chiama Antonio Poli e fa da mangiare molto bene, credo che le recensioni positive nascano da come si mangia e anche da un clima che siamo riusciti a creare.
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