«Sto visitando le aziende della Brianza. È un tour per testare le nostre eccellenze, confrontarci, verificare le loro esigenze, soprattutto sui mercati esteri». La prima impressione è che Fabrizio Sala, vicepresidente della Regione con deleghe a Casa, Expo e Internazionalizzazione delle imprese, sia immerso in una terapia di recupero dopo il trauma dell'Ema. E la medicina sono le aziende lombarde che continuano a funzionare, produrre realtà che si possono toccare e soprattutto esportare.
Quali sono le caratteristiche e le esigenze delle aziende che funzionano?
«Il nostro manifatturiero produce tutto qui e ci tiene che sia così perché lo stanno sfruttando per i mercati esteri. Noi desideriamo creare desk strategici con associazioni di categoria e Camera di commercio per fornire assistenza, anche legale, per rafforzare canali di esportazione, soprattutto in America del Nord e Medio Oriente, che è un mercato che chiede altissima qualità».
Si può dire che il marchio made in Milano sostiene con forza le esportazioni?
«L'azienda Rimadesio, di Giussano, che produce tutto a Milano e in Lombardia, esporta il 60% della produzione e ha rilevato in questo la chiave del proprio successo. Pol74, che produce divani letto e ne esporta il 95%, fa ancora taglio e cucito a mano con lo stesso sistema del 1974. Ora vado a visitare il cappellificio Vimercati, l'ultimo di Monza a produrre cappelli con i sistemi di decine di anni fa».
In questo tour ha notato una forte delusione da parte degli imprenditori per il triste finale di Ema?
«La cosa che li ha colpiti di più è che una decisione di questo tipo venga presa con un sorteggio e io mi associo. Se noi lavoriamo e ci impegniamo, ci si aspetta una scelta di politica economica forte. Invece qui abbiamo un'Europa che lascia al caso scelte strategiche».
Immagina ripercussioni negative per il tessuto delle imprese lombarde?
«No, perché siamo forti, lavoriamo, siamo arrivati a investire il 2,5% del Pil in ricerca. Continuiamo a marciare a testa bassa. Puntiamo ancora a Human Technopole e continuiamo a essere una Regione che in farmaceutica ha tantissimo da dire. Avremo meno indotto ma ce la faremo. Milano è internazionale e, a essere sinceri, poteva essere agevolata ma anche essere d'aiuto all'Agenzia del farmaco. Alla fine questa scelta penalizza l'Europa e l'Agenzia».
Pare che il tavolo di autonomia con il governo sia partito sussultando. Lei ha la delega alle relazioni internazionali...
«I confronti si sono svolti in modo aperto e noi siamo pronti a portare motivazioni concrete, spiegando perché l'autonomia aiuta l'Italia. È una visione politica del regionalismo in un momento in cui i Comuni sono alla canna del gas, privati di tutti i fondi ma con funzioni da espletare».
È fantapolitica, ma con più autonomia poteva esserci un esito diverso per Ema?
«Con più autonomia sulle relazioni internazionali, forse sarebbe andata in un altro modo, noi saremmo stati presenti fino all'ultima monetina. Per questo, nel nostro percorso, per noi è ancora più importante poter prendere accordi con il Canton Ticino per i frontalieri o stipulare accordi commerciali con altre aree del mondo, in sintonia con le politiche nazionali, che velocizzino la nostra efficienza».
Lei ha la delega a Expo. Perché per il 2015 Milano ce l'ha fatta e con Ema no?
«In Expo si sono spesi in prima persona tutti gli attori e il governo era presente in tutti i tavoli. Qui il governo non ha mandato un ministro o il presidente del Consiglio, ma un sottosegretario senza neanche tante deleghe di trattativa».
Vede qualche nesso con l'avvicinarsi delle elezioni?
«Non vorrei pensare che possa esistere».
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