Le vicende processuali del rom 25enne Pierino Levacovich potrebbe dirimere una volta per tutte il dibattito sull'utilità o meno della pena detentiva in carcere, il suo reale valore rieducativo. È anche vero che questo malvivente nomade in cella finora c'è rimasto davvero poco. E probabilmente solo adesso che gli investigatori della squadra mobile di Mobile lo hanno arrestato insieme ad altri cinque complici accusandoli di almeno una decina di violenti colpi in supermercati e negozi di vario genere tra la città e l'hinterland, ora che è accusato di concorso in rapina aggravata, porto abusivo d'armi e ricettazione di auto rubate, il «soggiorno» in carcere di Pierino dovrebbe essere più lungo dei soliti 3-4 mesi.
Se lo augura senza dubbio Salvatore Mazzarra, padre di Pietro, ucciso all'alba del 9 giugno del 2011 ad appena 27 anni in un incidente stradale a un incrocio nel quartiere Comasina. Pierino Levacovich, che all'epoca aveva 21 anni, era a bordo della Bmw 320 D (alla guida il fratello maggiore Angelo, allora 23enne) che travolse la Citroen C3 di Mazzarra nel momento in cui il ragazzo stava rincasando. Con i fratelli Levacovich altri due complici: stavano tutti fuggendo da due volanti della polizia che li inseguivano dopo che avevano messo a segno un furto in un bar-tabaccheria di Quarto Oggiaro. Angelo Levacovich, dopo aver spento i fari della Bmw e senza frenare all'incrocio tra via Arsia e via Cogne (quindi accettando di ammazzare qualcuno pur di scappare, ndr), si scontrò alla velocità di 110 chilometri orari contro la vettura di Mazzarra. Nell'urto, devastante, il povero Pietro venne sbalzato fuori dalla sua Citroen con grande violenza al punto che sfondò un finestrino posteriore, atterrando sull'asfalto dopo un volo di venti metri e morì sul colpo. I fratelli Angelo e Pierino, uscirono dalla Bmw e fuggirono (come testimonia un agghiacciante filmato ripreso dalla telecamera di una pensilina dell'Atm che registrò con chiarezza tutte le fasi dell'incidente) senza nemmeno curarsi di Pietro. Sulla vettura pirata rimasero, guarda caso, due minorenni feriti: un rom 17enne del campo nomadi di via Negrotto e un amico 16enne di origine maghrebina che abita in zona.
Angelo Levacovich venne arrestato nel settembre di quello stesso anno nel campo nomadi di Muggiano, dove si era nascosto, dagli agenti delle «Volanti»; Pierino qualche mese dopo, a marzo 2012, sempre a Muggiano, dagli investigatori del commissariato di Quarto Oggiaro e i poliziotti vennero colpiti da una violenta sassaiola nel momento in cui il rom veniva caricato in macchina per essere portato via. Nel maggio 2012, la resa dei conti. Nonostante un'informativa dettagliata redatta al commissariato Quarto Oggiaro e inviata all'autorità giudiziaria, che stabiliva con fior fior di argomentazioni che si era trattato di omicidio volontario e dopo che i Levacovich chiesero di essere giudicati con il rito abbreviato (che li portava a beneficiare quindi già di uno sconto della pena), arrivò la singolare sentenza di primo grado: Angelo venne ritenuto responsabile di omicidio colposo e condannato a 8 anni e 8 mesi, una pena che comprendeva anche il furto e la ricettazione della Bmw; i due minorenni, seduti dietro, furono condannati invece per concorso in «omicidio volontario» con dolo eventuale a 8 anni (poi furono prosciolti in secondo grado). Il fatto più sconvolgente fu la pena inflitta proprio a Pierino, passeggero a lato del conducente: appena due anni e due mesi per furto e ricettazione (scontò qualche mese). I magistrati non ritennero di contestargli alcun concorso nell'omicidio, né colposo né tantomeno doloso.
Per
questa ragione il padre di Pietro Mazzarra s'incatenò per protesta davanti al tribunale. Ora uno degli assassini di suo figlio rischia tra gli 8 e i 10 anni di carcere per concorso in rapina: vedremo come finirà il processo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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