Coronavirus

"Non ha i valori per il ricovero, la condannano a morire a casa"

94enne positiva al Covid sta molto male. Il medico di base si rifiuta di visitarla e l'ospedale non la ricovera. La denuncia della figlia

"Non ha i valori per il ricovero, la condannano a morire a casa"

Il calvario di Rosa, 94 anni di Rho, inizia sabato 31 ottobre. La mattina si sveglia, ma qualcosa non va. Si sente debole, la testa gira. Chiama la figlia Linda che, da Bollate, la raggiunge. "Nel frattempo - racconta Linda a IlGiornale.it - contatto il 112 perché, essendo sabato il medico di base non è in servizio. I paramedici, però, mi dicono di indossare i dispositivi di protezione e verificare di persona le reali condizioni di mia madre". Quando entra in casa la signora Rosa è in terra, svenuta. "L'abbiamo trovata in bagno sporca di bisogni e a fatica, io e il mio compagno, siamo riusciti a metterla sul letto. Le proviamo la febbre e ne ha 37,7, mentre la saturazione è scesa a 95. Ho richiamato immediatamente il 112 confermando la gravità della situazione". I paramedici arrivano nel giro di poco, ma il problema è trovare un posto al pronto soccorso. Dalle 11 Rosa riuscirà ad accedere come caso di sospetto Covid al triage dell'ospedale di Tradate solo alle 15.50. "A noi dicono di andare a casa, disinfettare i vestiti e aspettare la loro telefonata senza uscire di casa", aggiunge la figlia.

Aspettano ore, ma nessuno chiama. Poi, alle 19.30 il telefono squilla. È un medico del pronto soccorso di Tradate. "Il medico, russo, in un italiano stentato, difficile da decifrare, ci dice che la mamma sta benissimo e di andare a prenderla". Da caso sospetto Covid viene dimessa con la diagnosi di sindrome influenzale. E del tampone neppure l'ombra. I parametri di saturazione dell'ossigeno non sono sufficientemente compromessi da giustificare un test. "Noi non sappiamo se mia mamma ha il Covid, ma ci rendiamo conto che non può stare da sola. Quindi anche con il rischio di contagiarci decidiamo di portarla a casa nostra a Bollate. Ho dovuto chiamare mio fratello che, da Como, è arrivato per stare con nostra madre mentre noi organizzavamo la casa per ospitarla con la certezza che, se positiva, ci saremmo contagiati tutti". Ma la situazione non cambia. "La mamma è sempre più debole e in più non le avevano nemmeno dato da mangiare perché, non dovendo essere ricoverata, di fatto, non le spettava". Il medico di famiglia non è in servizio e la guardia medica liquida il caso, consigliando di prendere il paracetamolo per abbassare la febbre.

Lunedì 2 novembre Rosa peggiora. La figlia chiama il medico di base. Non c'è, risponde la sostituta. "Ci dice - aggiunge Linda - che non può fare nulla e che se la situazione precipita l'unica resta chiamare il 112. Cosa che avviene venerdì 13 novembre, quando mia madre sviene in bagno". E il copione si ripete. Fatica a trovare un posto, sosta di più di un'ora in barella e poi triage come caso di sospetto Covid alla clinica San Carlo di Paderno. Linda e il compagno disinfettano i vestiti, si chiudono in casa e aspettano. Ma nessuno chiama. Sono passate più di sette ore. Linda prova a chiamre il pronto soccorso, ma il telefono squilla a vuoto. Poi decide di chiamre al cellulare della madre. Risponde una dottoressa che, dopo aver prescritto il tampone, mette i familiari di Rosa davanti a una scelta. "Ci ha detto - racconta Linda - che se la ricoveravano nel reparto Covid rischiava di venire a contatto con pazienti con cariche virali superiori alla sua. Mentre se l'avessimo portata a casa con noi avrebbe avuto più possibilità di farcela. Noi non ci abbiamo pensato nemmeno un attimo e l'abbiamo riportata a casa". Il giorno dopo arriva l'esito: Rosa ha il Covid.

Dopo tre giorni il quadro clinico si aggrava. Rosa è sempre più assente, debole, non riesce ad alzarsi, alimentarsi e bere come dovrebbe. Ha dolori ovunque e si lamenta giorno e notte. Linda decide di richiamare il medico di base. "Ho chiesto che cosa fare. Mi ha risposto che non può uscire a visitare mia madre perché è immunodepressa e sarebbe un rischio. Mi ha detto di tenerla idratata, di darle un antibiotico generico e di procurarmi una bombola di ossigeno. Ma come è possibile somministare una cura senza sapere nemmeno quali sintomi ha mia madre? Poi lo dicono tutti che l'antibiotico non va dato a caso". Linda non può uscire di casa perché è in isolamento fiduciario, ma non si arrende. "Me l'hanno detto anche dall'ospedale che il medico è obbligato a venire a visitarla. E se non può deve attivare il servizio Usca predisposto da Regione Lombardia. Cosa che siamo riusciti ad ottenere, ma per ora, nessuno si è fatto vivo e mia madre ogni giorno è sempre più assente. Noi non riusciamo quasi a darle da bere perché fa fatica a reggersi. Le Rsa non la accettano perché ha il Covid, gli ospedali non la ricoverano perché i parametri non sono abbastanza gravi. Siamo completamente abbandonati. Ormai sappiamo che è solo questione di tempo: non ce la farà.

Ma, poi, farò di tutto perché chi è responsabile paghi".

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