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"Non voglio violentare le bambine. Per favore, ora dovete castrarmi"

LA STORIA Gianluca Mascherpa era già stato arrestato per lo stesso reato. L’istruttore di volley sorpreso a insidiare le giovani allieve ha chiesto al magistrato di essere reso inoffensivo chimicamente

"Non voglio violentare le bambine. Per favore, ora dovete castrarmi"

Una cosa è certa: Gianluca Mascherpa non riuscirà a farsi castrare nè a colpi di bisturi nè di psicofarmaci, perché la legge italiana non lo consente. Ma la mossa difensiva dell’allenatore di pallavolo arrestato nei giorni scorsi per pedofilia, che ha chiesto al giudice di essere sottoposto a castrazione chimica per tenere a bada i propri istinti sessuali, ha riaperto il dibattito intorno a un tema - quello delle terapie e delle prevenzioni delle devianze- in cui l’Italia è ferma al secolo scorso. Mentre in buona parte dell'Occidente (dagli Stati Uniti, alla Francia, all’Inghilterra) la castrazione chimica su base volontaria dei maniaci seriali è da tempo una realtà.
Mascherpa, per sua stessa ammissione, è per l’appunto un «seriale». É pluripregiudicato per reati sessuali, e adesso c’è ricascato, anche se si è ammodernato e al sesso fisico preferisce quello virtuale. Lo hanno arrestato la settimana scorsa i carabinieri di Trezzano sul Naviglio, dopo avere scoperto che adescava ragazzine su Internet spacciandosi per un sedicenne, e le trascinava in un vortice di confidenze e di autoerotismo in diretta web. Davanti al giudice preliminare Donatella Banci Buonamici ha ammesso le sue colpe, spiegando di non riuscire a tenere a bada le proprie perversioni neanche davanti allo schermo di un computer. E ha chiesto di venire sottoposto a castrazione chimica, per essere sicuro di non ricascarci più. In cambio, ovviamente, di una pena più leggera e di un posto in un carcere più ospitale.
La posizione della Procura della Repubblica di Milano, però, è nota: niente da fare. La castrazione, chimica o fisica che sia, è una lesione fisica, e la nostra Costituzione non ammette le pene corporali. Ma contro la linea del pool antistupri guidato dal procuratore aggiunto Pietro Forno torna ad esprimersi il principale teorico italiano della castrazione chimica: Gugliemo Gulotta, avvocato, docente universitario di psicologia giuridica: «L’espressione “castrazione chimica” è fuorviante, detta così sembra che gli mettano l’acido solforico sul pisello, ma non e così. Nei molti paesi dove questo trattamento è ammesso si utilizzano farmaci che rendono la libido di un ventenne come quella di un ultrasettantenne, tutto qui».
Ma non è una soluzione troppo comoda, una scorciatoia che permette agli stupratori e ai maniaci di evitare il carcere? «Il problema per questi reati è che l’effetto dissuasivo del carcere è pari a zero, perché gli istinti deviati hanno regolarmente il sopravvento sul timore di finire in cella. Io mi domando: se un venticinquenne compie atti di esibizione davanti auna scuola, viene identificato, arrestato e condannato, che pena gli si potrà dare? Cinque anni? Sei? Otto? Ma prima o poi si dovrà liberarlo, e si può stare certi che tornerà a fare le stesse cose, se non di peggio. E allora perché non pensare a un trattamento che rimuova il problema alla radice, sulla base di un semplice consenso informato come si fa per le operazioni?».
Ma la magistratura replica che lo Stato non può ledere l’integrità fisica. «Lasciamo - ribatte Gulotta - che sia il condannato a decidere.

Chiediamogli: preferisci stare in carcere dieci anni e poi ricominciare una attività che ti riporterà in carcere? Oppure prendere dei farmaci che ti fanno passare la voglia di fare quelle cose che ti hanno condotto in cella ma ti consentono di andare al cinema e fare il Natale e il compleanno? Cosa risponderà?».

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