Quattro teste cadute all'Amsa, due all'Urbanistica. E siamo solo agli inizi. La Procura della Repubblica lo fa sapere chiaramente, annunciando ieri mattina la retata che ha investito Regione e Comune: nel mirino, insieme ai livelli alti della politica, ci sono loro, i burocrati, l'ossatura senza la quale la macchina pubblica non andrebbe avanti. Ma la cui vulnerabilità alle lusinghe della stecca è proverbiale, e attraversa ere geologiche e cambi di maggioranza. «Ci sono decine di appalti che stiamo esaminando», fa sapere il pm Adriano Scudieri. «Ci sono cinquanta imprenditori indagati, che emergono come pienamente partecipanti agli accordi», aggiunge: e suona come un invito a presentarsi in Procura prima che sia troppo tardi.
All'assessorato all'Urbanistica cadono le teste di Franco Zinna e della sua collaboratrice Maria Rosaria Coccia, accusati di avere ceduto alle lusinghe di Fabio Altitonante per sbloccare i lavori di una villetta in via Allegranza, il cui padrone era esasperato da lentezze e dinieghi: ed è difficile non intravvedere dietro l'episodio gli effetti di un vizio antico, i tempi eterni di attesa, le procedure arbitrarie, che sono il miglior viatico alla corruzione, fin da quando in via Pirelli agivano a questo fine i famosi «architetti da riporto». .
Cade in Amsa la testa più inattesa, quella di Mauro De Cillis, manager efficiente e alla mano, promosso dalla Moratti e poi da Pisapia: secondo i suoi collaboratori, anch'essi indagati e intercettati, i soldi delle stecche li tiene a Montecarlo. Dalla neve, alla rimozione dei rifiuti, ai termovalorizzatori, sembra che nessun affare sfuggisse alla spartizione ordinata dalle aziende degli amici del clan: Piero Arrigo, il più compromesso degli uomini di Amsa, schiva l'arresto solo perchè in pensione. L'azienda principale in affari col gruppo, la Ecol Service, era inserita nella white list, l'elenco delle aziende buone, affidabili, aldisopra di ogni sospetto. Chissà chi l'aveva stilata, quella list.
Tra le teste non ancora cadute, ma a rischio, ci sono quelle di Mm: altra azienda simbolo dell'efficienza meneghina, sempre più vasta, operativa, ricca. Ma anch'essa avvicinabile dai cattivi soggetti: che con gli uomini della Metropolitana Milanese ci vanno non solo a braccetto ma anche a pranzo, il 22 giugno scorso tutti a tavola alla Bovisa insieme a Renato Napoli della Edilnapoli. Napoli è nato a Milano, ma la sua famiglia è calabrese, e compare in quasi tutte le indagini sulla 'ndrangheta al nord per i suoi legami con i Marando, i Molluso eccetera. Attovagliati con l'uomo dei boss ci sono ben cinque uomini di Mm: sono il direttore dei lavori e l'ispettore di cantiere del «Parco Adriano», l'area verde che dovrà sorgere nella zona degradata, e persino il direttore operativo di Mm spa, Enea Negri. Forse non sanno chi hanno davanti, forse sì. Ma già il fato che siano lì è segno che le paratie sono saltate, perché due mondi che dovrebbero comunicare solo con le pec e i protocolli invece mangiano e bevono allo stesso tavolo.
Una pletora di organismi antimafia, di comitati per la legalità e la moralità insediati in questi anni non ha scalfito di una virgola, a quanto pare, nè la disponibilità di
soldi dei criminali nè la loro capacità di fare breccia nel cuore dei politici. E ancora meno ha scosso la pianta della corruzione di monsieur Travet, il tangentaro da scrivania che è il vero, immortale padrone dello Stato.
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