P enso che non ci debba essere una chiusura a tutti i costi, il discorso si può senz'altro riaprire». Il «discorso», come ha sintetizzato ieri il sindaco Beppe Sala, è il braccio di ferro in corso da settimane sulla «schiscetta sì, schiscetta no» nelle mense scolastiche. Una telenovela iniziata lo scorso 20 settembre, con la denuncia della mamma di una bambina iscritta alla scuola elementare «Pirelli» di via Goffredo Da Bussero, in zona Niguarda. La piccola si è seduta in mensa con il panino avvolto nella stagnola, portato da casa, ed è stata allontanata dai suoi compagni e riportata in classe per consumare da sola il pasto. É scoppiata in lacrime. E da lì le polemiche, oon il fronte delle mamme che chiedono almeno una stanza ad hoc per chi vuole disdire il servizio di Milano Ristorazione. Il vicesindaco Anna Scavuzzo, che è anche assessore all'Educazione, in quell'occasione ha sostenuto che si tratta di un dibattito «che riguarda poche decine di persone che nulla hanno a che vedere con una maggioranza di famiglie che riconoscono anche il momento della refezione scolastica come educativo. La scuola è una comunità di regole che vanno rispettate». E la regola (ad oggi) è chiara: chi non acquista il servizio di MiRi non può mangiare nei locali della mensa con gli altri bimbi. Ma il sindaco, che proprio ieri in sala giunta ha salutato i bambini di due scuole venuti a conoscere e intervistare come baby giornalisti la Garante dell'Infanzia, Annamaria Caruso, ha aperto a una convivenza. «Non penso ci debba essere una chiusura a tutti i costi, credo che neanche da parte della Scavuzzo ci sia». Precisando però che «bisogna valutare bene, bisogna essere certi che sia sostenibile rispetto al fatto che mettere insieme diversi tipi di alimenti può creare problemi». Si può «senz'altro riaprire il discorso una volta che si sarà insediato il nuovo manager. Se devo indicare una cosa positiva in questo dibattito, è che tutti noi siamo coscienti che il servizio di Milano Ristorazione deve migliorare». Non si starebbe neanche a discutere di pasti alternativi, probabilmente.
«Un miglioramento è necessario» insiste il sindaco. «Stiamo cercando un manager vero, su una questine così delicata mi sento di escludere che ci possa essere qualunque tipo di interferenza politica o di volontà di chiamare qualcuno che è vicino all'amministrazione siamo veramente alla ricerca di qualcuno che abbia esperienza da un lato organizzativa, e non è un compito indifferente, dall'alto lato che abbia un pò di conoscenza nel mondo del food». L'amministratore unico Gabriella Iacono, in carica dal 2011, si è dimessa in anticipo lo scorso settembre per permettere a Sala il rinnovo dei vertici in concomitanza con l'inizio dell'amministrazione. Il 14 settembre il Comune ha pubblicato un bando pubblico, si chiuderà martedì prossimo e Sala riferisce che «informalmente abbiamo attivato anche dei cacciatori di teste, segnalando che c'è questa ricerca in corso». Nella caccia all'uomo (o donna) all'altezza del ruolo «purtroppo c'è il solito limite». La retribuzione della Iacono si aggirava intorno agli 87mila euro (45.360 euro come compenso annuale fisso e 41.487 di parte variabile condizionata al raggiungimento di risultati. E il sindaco s domanda «se sia uno stipendio corretto, la remunerazione per il compito che viene richiesto è abbastanza bassa. Nessuno spunta su 90mila euro, però e chiaro che su un'operazione del genere questo è ii e il vero limite nel trovare una figura professionale che si inserirebbe su un lavoro molto interessante, ma anche molto critico». E tra le prime criticità, si comprende, ci sarà anche la ricerca di una soluzione per tenere insieme bimbi con il pranzo al sacco e iscritti alla mensa. A difendere il diritto alla schiscetta è ovviamente la Regione che ha approvato anche una legge che va in questa direzione.
L'assessore lombarda all'Istruzione Valentina Aprea (Fi) due giorni fa ha anticipato che presenterà alla conferenza Stato-Regioni entro il 20 ottobre «un emendamento alla legge di stabilità perché siano allentati i vincoli attuali e i divieti che impediscono ai bambini di portare il pasto da casa».
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