La leggenda del Mago Herrera e del Paron Rocco non finisce mai. Due personaggi che rappresentano altrettante pietre miliari nella storia del calcio italiano, rivali acerrimi sui campi (da leggenda i loro scontri verbali e sui giornali prima dei derby), amici sinceri fuori quando gli umori e i veleni delle partite erano già stemperati (che risate all'osteria dopo i match). Sono stati loro l'emblema di Milano degli Anni Sessanta, un periodo mitico, non solo nella musica leggera (ricordate i Beatles, i Rolling, Hendrix?) ma anche nello sport milanese.
Proprio per ricordare quell'incredibile 1963 quando, il 22 maggio il Milan di Rocco vince a Wembley la prima coppa Campioni della storia del nostro calcio e quando, quattro giorni dopo, domenica 26, il mago H.H. festeggia a San Siro il suo primo scudetto alla guida dell'Inter, con Milano trasformata in capitale d'Europa (un anno dopo grazie all'Inter divenne capitale del mondo), Palazzo Reale apre i suoi sontuosi e nobili saloni ad Helenio Herrera e Nereo Rocco con una mostra speciale, cui faranno da sfondo il tessuto culturale della città di quegli anni e le altre grandi rivalità dell'epoca (Tebaidi-Callas, Jannacci-Celentano, Alemagna-Motta, Torre Velasca-Pirellone). Nasce proprio in quel 1963 da incorniciare la «Leggenda del Mago e del Paròn», due straordinari personaggi che mutarono per sempre il costume calcistico italiano e mondiale.
A celebrarli ieri nell'Urban Center in Galleria Vittorio Emanuele due dei loro campioni: Luis Suarez e Cesare Maldini, monumenti del football meneghino, commossi nel ricordo dei loro tecnici, anche perché prima di allora le squadre che avevano fatto epoca erano sempre state connotate dai nomi dei grandi giocatori: il Real Madrid di Di Stefano, la Honved di Puskas, il Torino di Valentino Mazzola. All'improvviso, in quel maggio 1963, il Milan divenne di Rocco e l'Inter di Herrera, inaugurando una formula di riconoscibilità squadra-allenatore ormai universalmente accettata.
Gli assessori Boeri e Bisconti che, forse, a quei tempi andavano ancora all'asilo, hanno voluto ricordare i due giganti aprendo dunque le porte del Palazzo Reale (Ricasso, Dalì, Renoir come Herrera e Rocco, chi l'avrebbe mai detto!) in un percorso espositivo che proprio dal (fatidico) 22 maggio 2013 e fino al 30 settembre, si snoderà attraverso le mille suggestioni ispirate alla carriera del Mago e del Paròn, con anche, udite udite, un minicampo di calcio all'interno di Palazzo Reale per approfondimenti culturali, dibattiti e lezioni tecniche palla al piede dei campioni di oggi e di allora.
E per sottolinearne in particolare la biodiversità: Rocco che parlava solo in triestino, divideva il suo tempo tra spogliatoio e osteria, era di robusto appetito e di ancora più pronta beva, dava del tu ai giocatori e si cambiava in mezzo a loro proprio per carpirne umori e segreti. Herrera invece che di lingue ne parlava quattro (Ma conosceva anche l'arabo ha precisato la moglie Fiora Gandolfi), era vegetariano, astemio, praticava lo yoga, dava a tutti del lei e non accorciava mai le distanze gerarchiche. E come dimenticare i suoi cartelli-proclama negli spogliatoi, il mitico taca la bala e le novità tecnico-tattiche che ogni anno esibiva con la Grande Inter. Insomma, due modi opposti di interpretare il calcio e la vita. Amara però la considerazione della moglie di H.H.
Annuivano Stefano Boeri e Chiara Bisconti che hanno ora l'opportunità di colmare una lacuna: Herrera e Rocco si meritano una via sotto la Madonnina.
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