Parla l'ex sindaco di Lodi, oggi deputato e renziano doc«Ecco perché non capiamo i lombardi»

Parla l'ex sindaco di Lodi, oggi deputato e renziano doc«Ecco perché non capiamo i lombardi»

Renziano doc, sindaco di Lodi fino a dicembre, per qualche giorno papabile candidato al Pirellone prima che il Pd scegliesse Umberto Ambrosoli. E ora deputato al Parlamento eletto col Pd in Lombardia 3.
Lorenzo Guerini, allora è contento o prevale la delusione?
«C'è soddisfazione personale, ma molto mitigata sotto il profilo politico da questo scenario nazionale in cui non c'è un vincitore e c'è invece rischio di instabilità».
È deluso dal voto Lombardo?
«Certo ci aspettavamo di più, in un particolare in un momento in cui la crisi del centrodestra che si è manifestata in tutta la sua evidenza».
Stavolta pensavate di farcela.
«Pensavamo di avere le carte in regola per una proposta credibile. Il centrodestra è sceso ma ha tenuto, il Movimento 5 stelle ha intaccato il nostro elettorato».
La sinistra ha perso in tutte le province esclusa Milano. Perché?
«A Milano e anche negli altri capoluoghi c'è questa dinamica di alternanza centrodestra-centrosinistra, ma poi si interrompe ed emerge questa difficoltà a dialogare con certi mondi, penso alla piccola impresa, che esprimono un certo dinamismo e portano anche una carica di critica verso il pubblico».
C'è una responsabilità dei vertici regionali o un problema del Pd nazionale?
«I vertici del partito hanno cercato di favorire un forte cambiamento nella composizione delle liste, sia politiche che regionali».
Non è bastato?
«Abbiamo fatto questa operazione con Umberto Ambrosoli ed è stata un gesto di grande generosità del partito, a supporto di una candidatura civica. C'è stato uno sforzo notevole di rinnovamento, questo non si può negare. Ma credo che sia molto complicato distinguere il voto nazionale da quello regionale».
La Lombardia doveva essere l'Ohio, doveva essere in bilico...
«Non dimentichiamo che siamo la regione in cui ha messo radici Forza Italia, e in cui la Lega ha il suo gruppo dirigente. Ogni battaglia per noi non può non essere in salita».
Ma qual è il problema? Siete percepiti troppo «di sinistra»?
«Non mi pare un problema di destra-sinistra. Ogni elezione poi ha la sua storia, non è un problema di collocazione. La gente chiedeva rinnovamento e risposte anche un po' demagogiche. Il problema è stata l'incapacità di andare oltre i nostri confini».
Domanda d'obbligo: con Matteo Renzi candidato ce l'avreste fatta?
«Non si può ragionare col senno di poi. Non si tratta di scegliere se far giocare Balotelli o El Shaarawy. C'era una domanda di rinnovamento e forse Renzi avrebbe contenuto le spinte che hanno portato verso i 5 Stelle aumentando la capacità di contendere voti al centrodestra. Detto questo, Bersani non è stato scelto con una congiura di palazzo».
È stato scelto in primarie chiuse.
«Hanno partecipato 3 milioni e mezzo di persone. L'apertura c'è stata. Bersani ha fatto la sua parte dando un volto presentabile al centrosinistra».
Di lei si era parlato come di un candidato al Pirellone.

Ha rimpianti?
«Il mio era uno dei nomi che si sono fatti. Ero sindaco, ero stato presidente della Provincia, avevo un certo radicamento. Ma non ho rimpianti. Quella di Umberto Ambrosoli è stata una candidatura di alto profilo».

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