Musica alta, schiamazzi, bottiglie e bicchieri ovunque. E, sopratutto, gente per strada. Tanta gente. Troppa, per le dimensioni della strada. Il Lazzaretto è tornato un inferno per i residenti. «Via Lecco è un delirio», raccontano, ma anche le altre strade del Quadrilatero non se la passano molto meglio, in questa nuova isola (poco felice) della cosiddetta «movida» milanese. Per non parlare del problema dei bivacchi fra Panfilo Castaldi e Lazzaro Palazzo.
Chiamarla movida, in effetti, significa già inquadrarla come un fenomeno che «fa tendenza», che è alla moda, che qualifica un quartiere e la sua qualità della vita. I residenti invece sanno che la realtà è un'altra. E parlano apertamente di diritto alla salute, citando due rilevazioni Arpa che hanno documentato il superamenti dei limiti di inquinamento acustico (anche a gennaio). «A volte nelle nostre case non riusciamo neanche a parlarci o a sentire la tv» dicono dal comitato del Lazzaretto. «Siamo barricati dentro, a volte dobbiamo farci largo per rientrare a casa e nei portoni poi troviamo di tutto. Non possiamo neanche vendere casa, perché in questa situazione nessuno compra, quindi subiamo un danno anche economico».
«Siamo vittime di una situazione fuori controllo. Siamo cittadini normali, che vivono a Milano e contribuiscono alla vita di questa città. Persone che lavorano, che dormono, o vorrebbero dormire se solo fosse possibile» spiega Elena Montafia, presidente del comitato, che si è dato uno statuto e si è mosso per creare un network con altre associazioni di residenti di quartieri che vivono problemi analoghi (migliaia di persone a Milano). Hanno aderito al comitato nazionale anti-movida e stanno pensando a iniziative formali per tutelare fino in fondo i diritti dei residenti. Le iniziative e l'afflusso nei locali durante i giorni del gay pride hanno aggravato l'emergenza: «Voi che vi considerate laici, antifascisti, antirazzisti e che lottate contro ogni forma di discriminazione di genere, etnia e orientamento sessuale - si legge in un comunicato - sappiate che nessuno di voi ha percepito il livello della violenza subita da noi residenti durante le tre notti del Pride square di Milano». «È inumano montare per tre notti consecutive palchi con musica a palla a pochi metri dalle case in un contesto già colpito dalla movida selvaggia per i restanti 362 giorni all'anno».
Il Comune ha provato a fare qualcosa. Con grande enfasi ha varato tavoli e promosso patti, un codice etico di autoregolamentazione Gli assessori comunali ne hanno magnificato le virtù anche all'estero, vantandosi di aver risolto i problemi della movida con il dialogo.
Una specie di «miracolo». Ma è cambiato ben poco, solo qualche passaggio in più dell'Amsa. «Il patto non è mai stato attivo - il bilancio impietoso del comitato - non è mai stato soggetto a verifiche». «Ci sentiamo presi per il naso».
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