«Il personale italiano spesso costa meno Candidarci? Difficile»

Francesco Wu, 35 anni, laureato in ingegneria elettronica al Politecnico di Milano, è presidente dell'Unione imprenditori Italia-Cina e titolare di un ristorante («di cucina italiana») a Legnano. Secondo Milano Finanza è tra i 50 nomi cinesi più influenti nel creare legami tra Italia e Cina.

Dopo aver conquistato calcio e marchi storici, i cinesi entreranno anche in politica?

«Non penso che troveremo candidati a breve, è un percorso che va costruito con largo anticipo e la politica richiede tempo e sacrificio, tantissimi giovani preferiscono lavorare, fare impresa. Ma si può partecipare alla vita sociale della città anche senza fare direttamente politica: abbiamo appena raccolto fondi per i terremotati e vogliamo continuare in questa direzione».

Le vostre imprese crescono. Ora assumete più spesso anche italiani?

«Sì, per più ordini di ragioni. A volte per questione di marketing: io ad esempio ho un ristorante italiano e ho scelto uno chef locale. Poi ci sono ormai talmente tante imprese di origine cinese rispetto ai residenti che non basterebbero più, sono finite le ondate migratorie degli anni Duemila. E spesso costa meno assumere italiani: gli italo-cinesi preferiscono buttarsi sulla tecnologia, per lavorare in un ristorante cinese o giapponese fanno valere la doppia lingua, vogliono essere ben pagati».

Quali investimenti funzionano?

«Il fenomeno dei ristoranti all you can eat e i negozi di nail spa stanno trainando la crescita, quelli di bigiotteria e giocattoli attraversano una crisi, l'offerta è superiore alla domanda. Le nuove generazioni puntano sulla qualità, basti pensare al successo de La Ravioleria di Sarpi, con lunghe code di italiani a pranzo. La titolare è una bocconiana che ha capito l'importanza del biologico. Altri sono attenti ad aprire locali e centri estetici trendy. Il primo etnico in Europa ad aver preso una stella Michelin è il giapponese Yio a Milano, il ristoratore è di origine cinese, come la maggior parte dei cuochi nei locali giapponesi. E se ormai si mangia più sushi che pizza, dico che i cinesi hanno cambiato anche le abitudini culinarie dei milanesi».

A Chinatown si sta diffondendo lo spaccio di shaboo. Siete preoccupati?

«Le famiglie e i giovani che lavorano non ne fanno uso. La diffusione di droga è sempre un fenomeno preoccupante, ma a livello giovanile in generale, più che per una comunità particolare.

Penso che sarebbe utile, dopo un recente test di pattugliamenti misti tra vigili italiani e cinesi, che la collaborazione andasse avanti e ci fossero bandi di assunzione di agenti madrelingua in tutte le forze di polizia, e non solo cinesi».

ChiCa

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