Piano moschee da rifare E dopo il caos di Pisapia arrivano gli alibi di Sala

Luoghi di culto: stop a 5 anni di confusione Ma la spiegazione del Comune non convince

D opo 5 anni di annunci e polemiche, illusioni ed errori, il piano moschee viene archiviato. A una settimana esatta dal giuramento del sindaco, la nuova amministrazione guidata da Beppe Sala, come primo atto qualificante del mandato decide di «chiudere» (cioè ritirare) il bando per l'assegnazione di tre aree da destinare a luoghi di culto. E lo fa nonostante gli impegni assunti da Sala, che da candidato, a due settimane dal voto, aveva annunciato di volere una moschea «velocemente». A dire il vero anche la partecipazione della vice di Sala, Anna Scavuzzo, alla festa di fine Ramadan all'Arena civica (il 6 luglio) era stata interpretata come la possibile accelerazione di un percorso, lento e accidentato, verso i minareti milanesi. Poi la svolta: Palazzo Marino martedì ha annunciato che intende ritirare il bando con cui - fra mille incertezze - erano stati messi in palio tre terreni (in via Esterle, in via Sant'Elia e in via Marignano). Per giustificare una decisione clamorosa, che già sta suscitando delusione e reazioni presso le comunità islamiche, il Comune ha fatto riferimento alla legge regionale, la famosa «anti-moschee». «L'Amministrazione ha comunicato (alle associazioni partecipanti al bando, ndr) che le aree di via Marignano, di via Sant'Elia e la palazzina di via Esterle non possono essere assegnate in via definitiva, poiché - per effetto della legge approvata da Regione Lombardia numero 2/2015, così come modificata da recente sentenza della Corte Costituzionale - sono divenute inidonee alla realizzazione di luoghi di culto».

Ma la legge è stata approvata ai primi del 2015, mentre le graduatorie sulle aree comunali, fra provvisorie e definitive, sono successive. Non solo, martedì il Comune ha ammesso che la Regione impone «un percorso più complicato», «richiedendo la stesura di un piano per le attrezzature religiose che andrà ad integrare il Piano di governo del territorio». Ma la previsione di standard urbanistici ben precisi, che il bando del Comune non soddisfaceva, era anche precedente al 2015 e risaliva alla legge urbanistica regionale che risale al 2005.

Queste condizioni sono state finora ignorate dal Comune. E ancora nel dicembre 2014, quando al Pirellone lavoravano alle nuove norme sui luoghi di culto, a Palazzo Marino si sfoggiava sicurezza: «Le scelte regionali sui luoghi di culto non cambiano di una virgola il nostro percorso che sarà sempre e ovviamente rispettoso della legge vigente qualunque essa sia» diceva l'assessore comunale Pierfrancesco Majorino, padre del bando.

Solo in seguito, quando le assegnazioni dei terreni sono state bloccate dai contrapposti ricorsi dei centri islamici, a Palazzo Marino hanno cominciato ad ammettere che le norme regionali potevano essere un problema. Fino a martedì, quando il vicesindaco ha improvvisamente realizzato questo dato. «A Palazzo Marino - ha commentato ieri l'assessore regionale Viviana Beccalossi, artefice delle nuove norme - dovrebbero avere l'onestà intellettuale di ammettere finalmente che il bando era irregolare anche prima che la Regione approvasse la nuova legge e che tutto è stato costruito ad hoc per evidenti motivi propagandistici».

E il consigliere Riccardo De Corato annuncia un esposto alla Corte dei conti «per chiedere di aprire un'indagine su quanto è costato ai contribuenti il bando moschee tra impiegati, straordinari, commissioni per assegnare le aree e commissioni per i progetti».

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