"Picchiato a colpi di cazzuola da quelli del racket delle case"

Nell'ordinanza gli sfoghi delle vittime dei 5 del CaaB: «E chi frequenta chi è stato cacciato, fa la sua stessa fine»

"Picchiato a colpi di cazzuola da quelli del racket delle case"

(...)Se ti allontani loro ti chiamano e ti obbligano a tornare dov'è in atto la protesta. Sempre sotto la minaccia di toglierti la stanza o l'appartamento, ci obbligano a partecipare a tutte le altre manifestazioni di protesta contro lo Stato. In particolare mi ricordo una manifestazione sotto il Comune di Milano e una in piazza San Babila contro il razzismo e il ministro Salvini. (...) Sono stato accusato un po' da tutti di essere un traditore, perché non m'interessavo all'attività che loro facevano. Hanno votato il mio allontanamento dalla sede di viale Faenza, senza mai considerare che il mio impegno era condizionato dai i miei orari di lavoro (...)

Nelle testimonianze riportate nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Roberto Crepaldi, le parole che ricorrono più di frequente sono: «offerto» e «in cambio di», condite da minacce, ma anche da generose elargizioni di percosse, come indica l'ormai arcinoto pestaggio a una marocchina di 32 anni incinta. Alla faccia della difesa dei diritti dei più deboli! Dal marzo 2016 sarebbe stato un vero e proprio «dare e avere» a tutti gli effetti quello messo in atto da cinque antagonisti del Comitato autonomo abitanti Barona (CaaB) di via Ovada. Un collettivo di «padroni» della gestione e dell'assegnazione degli alloggi abusivi delle case sfitte: offrivano stanze o appartamenti a chi poteva pagare tra i 700 e i 1.500 euro, costringendolo però a partecipare alle riunioni e alle attività del comitato. Sodalizio sgretolato mercoledì grazie dall'intervento della Digos guidata da Claudio Ciccimarra con l'imposizione a questi due uomini e a una donna italiani, a un romeno e un angolano, tutti pregiudicati tra i 21 e 28 anni, del divieto di dimora a Milano e dell'obbligo di presentarsi quotidianamente alla polizia giudiziaria (ma il pm Lesti e l'aggiunto Nobili avevano chiesto l'arresto).

Per riconsegnare le chiavi al Comitato che lo ha cacciato per «scarso impegno», A.E.H., il marocchino 43enne a cui appartiene la testimonianza all'inizio dell'articolo, il 18 settembre incontra nella sede tre degli arrestati. Ne nasce una discussione durante la quale uno di loro, italiano, lo colpisce con un pugno e una cazzuola, ferendolo a una guancia, mentre un altro, il romeno, lo afferra per il collo, tenendo in mano un bastone di circa 70 cm di lunghezza (allungatogli dalla madre!) e gli altri continuano a colpirlo con calci e pugni. Tutto davanti ai figli di 6 e 9 anni di un'amica marocchina (la donna incinta) che a verbale spiegherà poi : (...) Nel tentativo di aiutarlo anche io sono stata colpita da un forte pugno sotto il seno sinistro e una serie di calci a entrambe le gambe e sono finita a terra. Ero ancora accasciata quando ho visto i miei figli avvicinarsi e piangere (...) Sul posto è arrivata un'autoambulanza e una volante della polizia.

Versioni confermate anche dai certificati del pronto soccorso. E da un sms con il quale quelli del Comitato avevano poi minacciato (...) Qualsiasi persona venga con A.E.H. fa la sua stessa fine.

Anche loro accusati di non partecipare alle attività del Comitato pur avendo avuto un alloggio, la 32enne e il marito erano stati a loro volta minacciati con urla e intimidazioni sempre a settembre, ma dell'anno scorso, davanti alla porta di casa, affinché se ne andassero.

Dopo aver denunciato il fatto, un mese dopo la donna aveva ritirato la querela. Spiegando alla polizia:(...) Ho paura, per colpa di questa denuncia sono fuori con la mia famiglia, dormo in macchina e sono incinta(...). Non mi sento protetta dallo Stato, mi sento in pericolo.

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