Per Pisapia c'è aria di rottamazione

Si affermano il Pd e la corrente più lontana dal sindaco. E ora è partita la volata per succedergli

Nei fragili equilibri della politica, la vittoria di Renzi rischia paradossalmente di far più male a Pisapia che al centrodestra. Un Pd che avanza in Lombardia e soprattutto a Milano città dove il dato assume le proporzioni pantagrueliche del 45 per cento, il crollo di Grillo al 14,2 arginato certamente dal Pd, ma sicuramente anche dalla tenuta di Forza Italia che in regione è il secondo partito con quasi il 17. E poi il successo della Lega che però a Milano non sfonda (anzi) e la scomparsa degli «alfaniani» dell'Ncd al 3,7, non possono certo rimanere dati senza un'immediata influenza sulle faccende locali. Perché è su questi risultati che già da oggi, anzi da ieri si è rimessa in moto la politica locale.
A cominciare dal regolamento di conti all'interno della giunta fino a questo momento più rossa che arancione del sindaco Giuliano Pisapia, a cui il solito Stefano Boeri ex assessore cacciato con modi piuttosto bruschi non perde occasione per presentare ancora una volta il conto. «E adesso che questo #pd maggioritario e innovatore e aperto cominci a contare di + anche a #milano: ne abbiamo un gran bisogno», ha twittato velenosissimo. Messaggio chiaro a un Pisapia che con il Pd ha rapporti sempre più tesi e che ora dovrà fare i conti con un partito che pesa ancor di più. Ora, sempre che voglia tentare un secondo mandato, dovrà avere un atteggiamento ben più conciliante con il giovane segretario Pietro Bussolati a cui i risultati elettorali hanno sempre dato ragione. Nel centrodestra, invece, è già partito l'assalto al Palazzo (Marino) visto che tra possibili primarie e campagna elettorale non mancano poi molti mesi all'apertura delle danze. Con il super votato Matteo Salvini che ha già dato ordine ai colonnelli della Lega di far partire (da oggi) la corsa al nuovo sindaco. «Mi fa piacere - ha ironizzato - che lo sconosciuto Salvini abbia preso nel Nordovest cinque volte le preferenze del ministro Lupi. E siccome noi cominciamo l'azione di sfratto a Pisapia, la Lega vuol essere capofila». Messaggio a quel Lupi che non ha mai nascosto le sue ambizioni sulla poltrona da sindaco, ma con un Salvini che si dice «prontissimo a ricostruire l'alleanza di centro-destra». Unica via, probabilmente, per evitare un'altra sconfitta.
Ma a fare i conti con una nuova geografia politica sarà anche il governatore Roberto Maroni. Intanto finalmente liberato dalle pretese degli «alfaniani» che, da bravi professionisti del manuale Cencelli, per non rischiare avevano dato l'assalto alle poltrone della giunta prima del voto. Pretendendo un rimpasto che fu chiuso dopo una lotta all'ultimo sangue con Forza Italia, ma con qualcuno pronto a scommettere su un nuovo «aggiustino» degli assessori a elezioni passate.

Con un Maroni che ora i casa sua dovrà tener conto di un Salvini che con le sue 331.381 mila preferenze ha superato l'esame di maturità, diventando la vera guida della Lega post Bossi. E forse un pretendente a ruoli anche di maggior prestigio rispetto a quelli di sindaco o governatore.

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