Antonio Bozzo
«Oltre al sari, indosserei anche il terzo occhio, quello che permette all'anima di vedere veramente».
Pamela Villoresi non scherza. Per lei, grande attrice nata a Prato ma di cultura mitteleuropea per via di mamma tedesca, l'Oriente - un mondo di tradizioni comuni che va dall'Andalusia all'India - fa parte della vita, è irrinunciabile. «Ho una figlia, oggi di trentuno anni, adottata in India. Fa la mediatrice culturale, ha messo a frutto le sue origini. E un altro figlio l'ho partorito aiutandomi con il canto carnatico, che conquistò anche Peter Brook».
Villoresi ha tutte le carte in regola per affrontare la nuova sfida teatrale, il recital di poesie «Safar», al Franco Parenti ancora stasera (ha debuttato ieri, due sole date per uno spettacolo che farà lunga strada).
«Safar significa viaggio. Viaggio in un mondo che conosciamo poco, oggi sconvolto da guerre e orrori, di cui in parte siamo responsabili anche noi occidentali. Quanti dittatori abbiamo appoggiato in nome del dio petrolio? Cerchiamo risposte veloci, c'è un'ondata di grande ignoranza. Unica cosa che possiamo fare è opporci diffondendo la bellezza e cercando l'incontro di culture tra civiltà».
Pamela Villoresi è sincera, in questi suoi propositi. Vorrebbe che i poeti utilizzati nel viaggio fossero conosciuti da tutti.
«Sono grandissimi. Con le loro liriche scritte in epoca medievale, ma c'è anche Tagore che è moderno, ci fanno respirare la verità di un mondo affascinante. Le loro opere sono come i nostri madrigali, di bellezza assoluta. In italiano mi pare non sia disponibile, ma la poetessa Kashmira Lalla, di cui leggo liriche, è gigantesca. Nella sua ricerca spirituale verso l'illuminazione, frenata da inciampi, ritrovo qualcosa della mistica Teresa d'Avila. E poi Rumi, Ibn Al Arabi, Khayyam».
Il persiano Khayyam, amato dai poeti moderni come un maestro (le sue Quartine sono disponibili in edizione Einaudi), considerato un faro da «maledetti» come Verlaine, Rimbaud, Lautréamont: scriveva inni al vino e alla perdizione.
«Sì, cogliere l'attimo per Omar Khayyam era anche inebriarsi con il vino. Nella Persia attuale, l'Iran, nonostante l'alcol sia messo al bando, Khayyam non sono riusciti a proibirlo. Potenza della poesia».
La traduzione dei testi, e la composizione drammaturgica, sono di Bebetta Campetti. Le musiche, che trasportano in note il mistero e la spiritualità dei versi, sono affidate a Rashmi V. Bhatt (percussioni e voce) e Pejman Tadayon (strumenti come tar e sehtar) ed eseguite dal vivo.
Cogliamo l'attimo, secondo la lezione non solo di Omar Khayyam. La poesia mistica orientale potrebbe sembrare una proposta ardua, ma un'attrice italiana in sari, con l'invisibile terzo occhio in fronte, è garanzia che si tratti di un fiore raro da raccogliere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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