«Da Porta Genova al cinema ma sul palco mi trasformo»

L'attrice milanese si racconta al debutto della stagione del Teatro-I fondato 14 anni fa con il regista Martinelli

Nome: Federica. Cognome: Fracassi, quasi un'onomatopea per un'artista che sul palcoscenico ha sempre rivestito ruoli roboanti, diciamo pure borderline. Come quando, nella trilogia Innamorate dello spavento dedicato alle donne di Hitler, scelse di interpretare Blondi, la femmina di pastore tedesco del Fuhrer. O come quando, sotto la regia dell'inseparabile Renzo Martinelli, reinventa Erodiàs, l'osceno personaggio testoriano, donna animalesca dilaniata dall'amore per Giovanni Battista. «E pensare che ho cominciato con la danza classica» ricorda l'attrice nativa di Cornaredo, lineamenti anglosassoni incorniciati da una chioma ramata. «A dire il vero non ho mai avuto il fisico tersicoreo, ma fu proprio durante un saggio di danza che mi accorsi di quanto fosse elettrizzante per me stare sul palcoscenico a contatto con il pubblico». Quella carica emozionale, sommata a un talento recitativo e performativo decisamente affine alle poetiche contemporanee, le sono valse in questi anni i migliori riconoscimenti teatrali come il Premio Eleonora Duse di miglior attrice nel 2011, il premio Ubu, il Premio Ristori, il Premio della Critica e molto altro. «Quello che più mi interessa è il palco», dice, anche se la sua maschera fiabesca e la sua versatilità sono piaciute anche al cinema; piccole parti ma tutte con registi doc, da Salvatores a Diritti, da Virzì a Bellocchio. E, a dirla tutta, non le dispiace neppure stare dietro le quinte, soprattutto quelle del «Teatro I» a Porta Genova, da lei fondato con il regista Renzo Martinelli 14 anni fa. Proprio su questo piccolo palco votato alla ricerca contemporanea, la Fracassi ha compiuto i passi salienti della sua carriera, come protagonista ne La Santa di Antonio Moresco, Prima della pensione di Thomas Bernhard, Dare al buio- la fine l'inizio di Letizia Russo, per cui ha ricevuto il Premio come miglior attrice del Mittelfest 2007.

«Gestire un teatro è molto più difficile che recitare - dice - e oggi non mi dispiace dedicarmi a tempo pieno alla recitazione, anche come freelance». E infatti, a parte le riprese della fortunata Erodiàs al Teatro I, il pubblico di Milano la vedrà al Parenti ne La Monaca di Monza di Testori con Valter Malosti e, ancora al Pierlombardo, nel Peer Gynt di Ibsen con Luca Micheletti. Esperienze che la vedono anche come co-autrice,lei che è anche laureata in Filosofia. «Scrivere mi è sempre piaciuto e nel percorso-Ibsen, iniziato con Rosmersholm, ho collaborato alla drammaturgia anche immergendomi nei paesaggi della Norvegia» dice. Testori, invece, è ormai un punto fermo nella sua carriera, abbordato con i celebri Tre Lai da cui ha avuto origine Erodiàs, magistrale catarsi di una Salomè che impreca in dialetto lombardo mista a latino. «La lingua testoriana la considero una tappa fondamentale e per me è stato un gigantesco banco di prova. Sempre più considero Testori uno dei nostri autori più contemporanei, e l'associazione Casa Testori di Novate è sempre stato un mio riferimento culturale». Il regista Martinelli le ha regalato questa sfida con una messa in scena provocatoria e fortemente visiva. La sperimentazione, d'altronde, resta la missione del Teatro I che, dal 2004 ad oggi, ha aperto alle compagnie del territorio e ha fatto grande opera di scouting.

«Penso che abbiamo tracciato un solco importante in un'epoca diversa da quella di oggi, quando non c'erano ancora i teatri multisala. Oggi le cose sono cambiate, ma la nostra identità resta la stessa e lo dimostrano progetti come Fabulamundi Drama Lab, un percorso di formazione dedicata a promuovere la giovane drammaturgia».

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