«Porta nuova, un progetto per l'Italia»

«Porta nuova, un progetto per l'Italia»

Immobiliarista uguale palazzinaro e speculatore? Manfredi Catella, l'amministratore delegato di Hines Italia, il front man di Porta Nuova, prende di petto questa «equazione piuttosto semplicistica». E nel libro «Milano si alza. Porta Nuova, un progetto per l'Italia», scritto con Luca Doninelli ed edito da Vita, racconta tutta un'altra storia: della città e della sua ferrovia, di passioni familiari, di desiderio di prendersi qualche responsabilità, di riuscire là dove in tanti avevano fallito. È la storia del progetto Porta Garibaldi-Isola, che ha preso il nome di Porta Nuova, raccontata da uno dei suoi protagonisti. «Quando cominciai la mia avventura - racconta Catella - ereditandola in parte anche da mio padre, pensavo che mi avrebbero fatto una guerra senza quartiere». E invece. «Il progetto Porta Nuova si è realizzato nel centro vibrante di Milano in un silenzio che definirei assordante». Per questo Catella lo paragona a una «nave fantasma, che attracca senza che nessuno se ne accorga».
O quasi. Difende la guglia della torre César Pelli anche dall'accusa di voler gareggiare con la Madonnina. Al contrario: «Chi viene a Milano da nord vede quella guglia come un annuncio, un distintivo. O come un rimando: ecco qui siamo a Milano, l'unica inconfondibile città del Duomo e della Madonnina». Parla anche della scritta Unicredit, che non ha convinto tutti e ricorda che tra le immagini più celebri di New York c'è quella del grattacielo Pan Am. Azzarda: «Separare troppo il sacro e il profano fa male a entrambi».
E sarà anche perché la politica non gli ha mai dato filo da torcere. Nel libro fa anche affermazioni sorprendenti in tempi in cui l'anticasta va per la maggiore.

La mentalità secondo cui «il problema di Milano e dell'Italia stava nella sua classe dirigente» gli sembrava «la solita vecchia tesi». Lui ne ha un'altra: «I cambiamenti avvengono non responsabilizzando gli altri ma noi stessi, in prima persona».

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