«Posteggi, ho sbagliato Fermai Sant'Ambrogio su richiesta di Letizia»

«Posteggi, ho sbagliato Fermai Sant'Ambrogio su richiesta di Letizia»

«In fondo è anche colpa mia se sono passati tutti questi anni, e solo adesso questa piazza sta prendendo forma». Sono le dieci di ieri mattina, e il senatore Gabriele Albertini si muove tra i cumuli di pavè accatastati nel grande cantiere di piazza Sant'Ambrogio. Il pavè, massello dopo massello, sta tornando al suo posto. Sotto, ormai quasi ultimato, c'è il grande parcheggio: osteggiato per anni, oggetto di una battaglia senza quartiere, tra ricorsi al Tar, petizioni e indignazioni varie. «La verità - dice Albertini - è la stessa che tanti anni fa aveva raccontato Gioacchino Belli: sono più ascoltati i quattro che bastonano dei cento che dicono ohibò. A volere i parcheggi erano cinquantamila milanesi, a contestarli erano in cinquemila. Ma per anni sono stati ascoltati solo quelli che strillavano».
Fu Albertini, come sindaco di Milano e poi come commissario al traffico, a volere il piano parcheggi. E se oggi si dà la colpa almeno in parte della durata eterna del cantiere, è per non aver voluto tirare dritto. «Una sera nel 2006, durante la campagna elettorale, Glisenti mi chiamò da parte insieme alla Moratti, e Letizia mi disse: ho bisogno di un aiuto, ferma i parcheggi. Avrei dovuto dirle: no, si va avanti. Come commissario, avevo poteri quasi dittatoriali. E questo parcheggio sarebbe pronto da quattro anni. Invece mi feci prendere dallo scrupolo di coscienza, pensai che il mio ruolo a Milano ormai era alla fine, e che dovevo tenere conto delle preoccupazioni di chi sarebbe venuto dopo di me. Fu uno sbaglio. E credo che anche per la Moratti sia stato uno dei motivi che l'hanno portata poi a perdere le elezioni».
Di quanto il progetto del parcheggio davanti alla basilica fosse rispettoso della monumentalità e sacralità del luogo, dice l'ex sindaco, la prova migliore è stato l'appoggio ricevuto fin dall'inizio dall'abate de' Scalzi: «Lo ha appoggiato con la voce sommessa dell'uomo di Chiesa, e non con il vigore del polemista. Ma credo che se davvero, come mi è toccato leggere, i lavori profanassero dei resti di martiri, de' Scalzi sarebbe stato il primo a insorgere». Invece? «Invece abbiamo dato retta alle lagnanze dei signori con due o tre cognomi che abitano qua intorno, e che del parcheggio se ne infischiano perché tanto l'auto la mettono in cortile. Un caso di egoismo senza pari, spalleggiato purtroppo da una parte della stampa: compreso un importante giornalista, che sul suo giornale dava spazio alle proteste, ma intanto il box se l'è comprato».
Per Albertini, il caso di piazza Sant'Ambrogio è gemello del progetto alla Darsena, dove invece il parcheggio non si farà mai: «Eppure ce n'era e ce n'è bisogno. Il risultato è che la sistemazione di Porta Ticinese, che sarebbe stata fatta a spese del concessionario del parcheggio come ora Sant'Ambrogio, adesso dovrà pagarla il Comune, e sono decine di milioni di soldi pubblici».
Per bloccare un terzo progetto che faceva parte del piano parcheggi, quello di piazza Lavater, la giunta Pisapia ha accettato di pagare una penale all'azienda che doveva realizzarlo: «Se fossi un consigliere comunale, avrei fatto un esposto per danno erariale alla Corte dei conti». L'idea di risarcire, pagando la penale, anche le aziende del progetto di piazza Sant'Ambrogio era stata invocata più volte dai portavoce dei comitati: «Mi sembra di ricordare che avessero anche proposto di fare una colletta tra i residenti, ma l'idea non ha avuto molto successo. Evidentemente hanno due o tre cognomi ma non amano mettere mano al portafoglio».
Dei risultati del suo piano, alla fine, l'ex sindaco sente di poter andare fiero: «Avremmo dovuto realizzare settantacinquemila stalli. Alla fine saranno cinquantamila, i tre quarti del piano.

Cinquantamila auto tolte dalle strade e portate nel sottosuolo, a costo zero per il Comune, liberando la circolazione e rendendo le piazze e le strade più belle di prima. Qualcuno si ricorda come era prima piazza Sant'Ambrogio? Un grande parcheggio a cielo aperto. Altro che sacralità dei luoghi».

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