Uno zaino pieno zeppo di cibi sopraffini: funghi porcini, pomodori essiccati, una bottiglia di champagne, scatole di caviale beluga, qualche confezione di tartare di tonno affumicato di ottima qualità, formaggio camembert e, per finire, degli ottimi marron glacé. Se il borsone fosse stato quello dello chef Carlo Cracco, beh, ci poteva pure stare. Invece, nelle mani del manager room service di un albergo come il «Principe di Savoia» - uno dei cinque stelle lusso più noti della città, affacciato su piazza della Repubblica, - il piccolo tesoro gastronomico in «uscita» dal grande albergo, non può che far pensare a un furto in piena regola, commesso da quello che oggi viene definito «dipendente infedele». Una persona cioè che, in questo caso, deliberatamente si appropria di beni maneggiati, o comunque a sua disposizione, sul posto di lavoro, portandoli altrove per tenerli per sé oppure rivenderli o ancora, magari semplicemente per regalarli. Proprio quello che facevano sette impiegati del cinque stelle, come hanno scoperto gli investigatori della squadra giudiziaria del commissariato Garibaldi-Venezia dopo essere stati allertati all'inizio del mese dal personale della security del «Principe», in apprensione per la sparizione non solo di numerosi pezzi di cibo pregiato ma anche di oggetti come ceramiche di valore e argenteria particolarmente ricercata.
A fare gola ai dipendenti dell'hotel denunciati in commissariato dal direttore della ristorazione per conto dell'hotel stesso e naturalmente sospesi dal lavoro, erano però soprattutto le provviste. Cibi sopraffini e prodotti di alta qualità che erano soliti portarsi a casa a fine turno, alcune volte anche su commissione di terzi esterni all'albergo, al ritornello di: «E tanto chi se ne accorge?».
La legge non precisa espressamente quali siano, concretamente, i cosiddetti «doveri di fedeltà»; per individuarli è necessario leggere le sentenze dei giudici di primo e secondo grado o quelle della Cassazione, quindi comprendere cosa è successo nei singoli casi.
In questo caso particolare gli investigatori del commissariato hanno scoperto che questi dipendenti si tenevano in contatto attraverso delle chat di gruppo su WhatsApp e che, pur non configurandosi il reato di associazione per delinquere, ciascuno sapeva dell'altro. L'accusa per loro, almeno per ora, è quindi di furto in concorso.
Il primo a essere fermato è stato appunto il manager room service dell'hotel, un uomo italiano di 63 anni trovato in possesso di alcuni prodotti.
Una perquisizione a casa sua, a Lomazzo (Como) ha permesso di ritrovare anche alcolici e vere e proprie derrate alimentari per
un valore superiore ai 20mila euro, 20 bottiglie di vino pregiato e argenteria. Il tutto sottratto illecitamente all'hotel attraverso furti periodici commessi con grande leggerezza. Fino a quando qualcuno se n'è accorto...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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