La Procura snobba l'esposto del Comune sul tonfo di Sea

Pare che a Palazzo di giustizia non sia stato accolto benissimo l'esposto inviato dal sindaco Giuliano Pisapia sul catastrofico tentativo di portare Sea alla quotazione in Borsa. A risultare indigesto ai vertici della Procura è stato in particolare il fatto che il documento inviato da Palazzo Marino sia sostanzialmente identico a quello inviato dal Comune alla Consob, la commissione di vigilanza sulla Borsa. E poichè i pm fanno un mestiere e la Consob un altro, sarebbe stato meglio che lo staff legale di Pisapia scegliesse una strada o l'altra. Il «doppione» no.
Lo scarso entusiasmo dei magistrati per l'esposto su Sea sembra confermato dalla decisione di Francesco Greco, capo del pool reati finanziari, di inserire il documento in un fascicolo del cosiddetto «modello 45»: sono le inchieste che riguardano «atti non costituenti reato», i fascicoli esplorativi che a volte, strada facendo, prendono sostanza, e a volte restano fermi al palo. Per adesso, insomma, in Procura ritengono che nei comportamenti di F2i, il socio di minoranza di Sea cui Pisapia attribuisce la principale colpa del fallimento della quotazione, sia difficile ravvisare violazioni di legge.
Il titolare dell'indagine è per ora il procuratore aggiunto Greco, ma nelle prossime ore dovrebbe essere assegnata ad un pm: a meno che la Procura decida di accorpare il nuovo fascicolo a quello aperto in estate proprio sulla cessione del 30% di Sea a F2i, e che vede indagato per turbativa d'asta il presidente del fondo, Vito Gamberale.

In questa prima inchiesta, assegnata al procuratore aggiunto Alfredo Robledo, si ipotizza che qualcuno in Comune abbia cucito su misura il bando per favorire la stessa F2i che ora Palazzo Marino vorrebbe sul banco degli imputati.

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