Marta Bravi
Se c'è una cosa in cui lo sciopero dell'8 marzo è riuscito è stato unire tutte le donne, soprattutto a sinistra, contro. Professioniste e studentesse, madri e single, nonne e nipoti, donne che sui social, lo speaker's corner 2.0, attaccano e comunque dimostrano di non comprendere le ragioni dello sciopero nazionale. Ieri si sono fermati trasporti, scuole, asili e nidi, il servizio mense, i servizi pubblici. In sostanza tutto. Tanto per rendere ancora più frenetica e complicata la giornata delle stesse donne. Come se non bastasse, viene da dire.
Ecco, la millantata solidarietà femminile suona come un grottesco contrappasso, che alla fine ha reso infernale quella che avrebbe dovuto essere una giornata di festa. «Quindi se sei una donna - scrive Elena - l'8 marzo dovrai alzarti prima, se hai figli dovrai correre ancora di più, se arrivi tardi al lavoro rischi di essere pagata ancora meno, se hai i tacchi... buona fortuna, se semplicemente avevi pensato a una gita o a un'uscita con le amiche preparati ad andare a piedi.... Beh, buona festa!».
«Stamattina ero sul tram rallentato dal corteo in centro, ascoltavo la solita litania di lamentele e leggevo sulla timeline di facebook numerose critiche allo sciopero delle donne - scrive Anita, militante di sinistra-. Per una volta ho avvertito una qualche sintonia tra il paese reale e gli algoritmi dei social ma non è stata una bella sensazione».
La mobilitazione ha avuto insomma un effetto boomerang. «L'umanità ha un nuovo mistero. Quando sarò di fronte al Padreterno, chiederò il senso dello sciopero delle donne l'8 marzo contro la violenza» commenta tagliente Camilla.
Cosa vuole dire non andare a lavorare in nome della difesa dei diritti della donne? E a cosa serve fermare le città in nome della lotta alla violenza di genere? Dove sta il nesso? si chiedono le compagne milanesi, senza riuscire a trovare una risposta. «Sarà che il Paese reale è quello delle donne che lavorano e quindi uno sciopero dei mezzi proprio bella loro giornata suona parecchio come presa per i fondelli? Sarà che questa manifestazione è assolutamente inadeguata al riconoscimento di una parità effettiva?» scrive Giovanna. La stessa Carolina Pellegrini, consigliera di parità di regione Lombardia stigmatizza la mobilitazione di «Non una di meno» come una «follia» «Domani quindi mi alzo all'alba per essere in centro a Milano prima che i mezzi si fermino.....e vado al sindacato a parlare delle tematiche che mi stanno a cuore, quella parte del sindacato che non aderisce alla follia dello sciopero. Domani farà il triplo della fatica».
Così sono tantissime le donne di sinistra che ieri hanno lavorato e poi, magari partecipato al corteo: «Domani non sciopererò, ma andrò in piazza terminato il lavoro - spiega
Caterina -. Per marciare con le donne che ci saranno».Altre compagne, invece, dei collettivi Macao e Ambrosia, hanno alzato le gonne, in un gesto altrettanto «incomprensibile», in nome della lotta alla violenza sulle donne.
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