Le quote rosa, la rappresentanza fra tutte le province lombarde, gli equilibri interni fra alleati. Sono le coordinate lungo le quali comporre il puzzle della nuova giunta regionale. Il compito di trovare una soluzione tocca al neo governatore, Roberto Maroni, e ai vertici dei due partiti maggiori, Pdl e Lega, con i loro alleati (Fratelli d'Italia e Lista Maroni).
Confermata la regola aurea: pari rappresentanza fra le due colonne della maggioranza. Dovrebbe valere nella squadra di governo. E dovrebbe valere anche in Consiglio regionale, con la ripartizione delle otto commissioni - come da prassi - all'interno dell'asse di maggioranza. All'opposizione, in base allo statuto regionale, andrebbero eventuali organismi speciali o ad hoc.
Il passaggio politico che trasforma i numeri i nomi non è del tutto perfezionato. Anzi è stato rallentato da alcune vicende interne ai partiti, soprattutto il ricovero di Silvio Berlusconi e gli appuntamenti di partito del Carroccio, che domani riunisce il suo Consiglio federale. Gli ultimi nomi arriveranno presto però, tanto che si conta di chiudere entro martedì-mercoledì al massimo. Continuano contatti e negoziati. A più livelli. Quello dei due leader di partito, le segreterie regionali - Mario Mantovani del Pdl tiene il filo con Maroni - ma anche i capolista «azzurri» nelle tre circoscrizioni lombarde delle Politiche: Maurizio Lupi, Mariastella Gelmini e Daniela Santanchè. Ieri gli eletti si sono riuniti. E la capolista di Lombardia 3 ha sottolineato l'importanza della novità: «Discutere per tre ore delle priorità mi pare una novità molto importante per un partito che vuol portare avanti il principio della democrazia a viso aperto». Altro principio auspicato è un clima unitario: «Spero che sia superata la logica di collocazioni e frazionamenti», dice l'ex sottosegretario. Niente correnti dunque.
Una casella sicura è il numero due del Pirellone: sarà lo stesso Mantovani. Pressoché tutti danno per certa, o quasi, la sua delega alla Sanità-Salute.
Non è dato per pacifico, invece, che Maroni possa in effetti avere le due deleghe che vuol tenere per sé: nessun problema per la Sicurezza, dubbi invece sulle «Grandi opere», sempre che con «grandi opere» si intendano le Infrastrutture, una partita pesantissima in termini di impegno, economico e non solo. Maroni d'altra parte vuole imporre la regola per cui in giunta, e ai vertici del Consiglio, non debba andare chi potrebbe essere sfiorato da casi giudiziari in corso, come quello dei rimborsi. Difficile poi sarebbe distinguere caso da caso.
Una regola che privilegia i nuovi, rispetto agli uscenti, metterebbe in difficoltà esponenti importanti della vecchia guardia, come Alessandro Colucci e Giulio Boscagli, che puntavano a un assessorato, e il varesino Raffaele Cattaneo, in corsa per la presidenza del Consiglio (o in subordine per la giunta). Salirebbero dunque le quotazioni di un nuovo come l'assessore uscente Mario Melazzini, o di un esordiente-esperto come Giulio Gallera, finora dato come possibile capogruppo. Verosimile dunque uno scambio fra Cattaneo e Gallera. Per guidare il primo gruppo del Consiglio, però, spunta anche con forza il nome di Claudio Pedrazzini, vicepresidente della Provincia di Lodi. Milano, non va dimenticato, è la provincia in cui il centrodestra è andato peggio. In base a regole «geopolitiche» per il Pdl entrerebbero anche Maurizio Del Tenno, di Sondrio, e Alberto Cavalli, bresciano. Certi di un posto in giunta, oltre a Mantovani, paiono, Valentina Aprea, Viviana Beccalossi per Fdi, e anche Elena Centemero. Salgono inoltre le quotazioni di Romano Colozzi, area Cl, che con le sue varie anime non dovrebbe uscire mortificata dalla partita.
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