di Antonio Ruzzo
«Qua la mano». Era il titolo di un film con Enrico Montesano di almeno un trentina di anni fa. Ed era una gradevole commediola all'italiana che allora andava tanto di moda e faceva sorridere. Altri tempi. Però un po' viene da sorridere ancora pensando alla stretta di mano andata in scena ieri tra il sindaco Giuliano Pisapia e il neo governatore Roberto Maroni. «Abbiamo parlato innanzitutto della volontà comune di avere ottimi rapporti istituzionali- ha detto Pisapia -. Perché è del tutto evidente che sui grandi temi che riguardano la Lombardia, Milano e tutti i Comuni, l'unità di azione rappresenta un vantaggio per tutta la regione. Si deve dare un segnale al Paese che si può fare buona politica all'interno delle istituzioni e a servizio della collettività e ognuno lo farà indipendentemente dalle sue posizioni politiche». Applausi. É ciò che un sindaco deve dire e ciò che si aspetta che dica soprattutto chi non lo ha votato. Sì, perché «sarò il sindaco o il governatore di tutti...» non è una frasetta di circostanza che di solito un amministratore dice dopo essere stato eletto. Le parole hanno un valore e i fatti pure. E così viene un po' da sorridere pensando ora ai rapporti istituzionali tra Comune e Regione se si fa un salto indietro di qualche settimana nell'appena conclusa campagna elettorale lombarda. Dove c'era un sindaco di Milano troppo spesso senza la fascia tricolore in campo per sostenere Umberto Ambrosoli. Si parlava di liberare la Lombardia, di far respirare ai lombardi aria nuova, di non lasciarla nelle mani dell'ex ministro lumbard. Certo frasi da campagna elettorale. Però dette. E un conto è se a dirle sono due candidati nell'agone della sfida.
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