Quei capolavori di Patti tra letteratura e cinema

Elisabetta Sgarbi edita un volume sul grande narratore siciliano che decollò nel Ventennio

Quei capolavori di Patti tra letteratura e cinema

Il lavoro di ricerca sugli autori siciliani, svolto da Sara Zappulla Muscarà da oltre quarantanni, è talmente encomiabile da meritare un riconoscimento dalle istituzioni, non solo isolane. Negli ultimi anni, grazie alla creazione dell'Istituto di Storia dello Spettacolo Siciliano, di cui è presidente Enzo Zappulla, la studiosa ha potuto condividere con lui le sue esplorazioni sia sul patrimonio letterario, che su quello teatrale, partendo da Capuana, Verga, Martoglio, Pirandello per arrivare fino a Eercole Patti (1903 - 1976). A quest'ultimo ha dedicato una monografia di oltre tremila pagine, commissionata dalla madrina della Milanesiana Elisabetta Sgarbi e pubblicata dalla sua casa editrice «La Nave di Teseo»: Ercole Patti-Tutte le Opere contenente racconti, romanzi, commedie, testi radiofonici ma, soprattutto, le recensioni cinematografiche, pubblicate su varie testate, tra le quali, quelle milanesi: L'Europeo e Il Tempo. L'amore di Patti per il cinema lo ha visto impegnato anche come sceneggiatore di una serie di film che il lettore potrà trovare indicati negli apparati, insieme a tutte le recensioni, con titoli e date. La lunga stagione dell'autore catanese inizia sotto il fascismo, avendo collaborato con Il Popolo di Roma, un alter ego del Popolo d'Italia, diretto da Piero Saporiti, ma guidato da Galeazzo Ciano che accettò, tra i suoi collaboratori, scrittori che non esaltavano l'operato del Duce, da Brancati ad Aniante a Patané. Durante quegli anni iniziò l'attività di sceneggiatore insieme a Zavattini per Darò un milione (1935) regia di Camerini, con Vittorio De Sica e Luigi Almirante. Dopo un breve periodo di scetticismo, il cinema fu molto gradito al regime che lo sovvenzionò più del teatro, benché, contro la nuova arte, si fossero scagliati intellettuali come Serra, Gramsci, Gobetti, Gozzano, mentre erano di parere contrario, Papini, Prezzolini, Bracco, Debenedetti, Alvaro, in quanto lo ritenevano più idoneo del teatro per raggiungere le masse. Anche Pirandello fece sentire la sua voce scrivendo: «Si gira»(1916), ed intervenendo teoricamente, fino a proporre una formula che non trovò fortuna, né adepti: Cinemalografia, essendo convinto che la parola, in un film, venga alquanto sacrificata. Lo stesso Patti sottolineò la superiorità della letteratura rispetto al cinema e, per dimostrarlo, faceva l'esempio di Chaplin, il quale non aveva bisogno della parola, dato che i suoi film erano il prodotto di una «ispirazione unitaria e coerente». Anche Moravia e Flaiano intervennero nel dibattito, sostenendo che il cinema non è arte, perché il suo linguaggio invecchia presto e non resiste al tempo. Il volume, che è preceduto dalla introduzione dei curatori, dà una visione completa di un autore che il pubblico dei lettori ha conosciuto per i fortunati romanzi: Giovannino, Un amore a Roma, La cugina, Un bellissimo novembre, Graziella, Gli ospiti del castello, tutti diventati film di successo, oltre che oggetto di riduzioni teatrali come L'avventura di Ernesto, tratto da una novella, regia di Trionfo, con Turi Ferro, o come Un bellissimo Novembre, regia di Mario Missiroli, con Donatella Finocchiaro, entrambi prodotti dallo Stabile di Catania. Si tratta di testi molto noti anche per il modo con cui Patti affrontava il problema del sesso, sia come evento iniziatico per adolescenti che come elemento di libertà.

Per Patti, la seduzione appartiene alle donne, mentre la sessualità appartiene ai maschi, essendo convinto che la seduzione contenga dell'artificio costruito su una sorta di rituale che elimina un ordine già determinato.

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