Quei sorrisi tra Formigoni e Montezemolo

Quei sorrisi tra Formigoni e Montezemolo

L’appuntamento era uno di quelli ufficiali, ma l’incrocio non poteva certo passare inosservato. Perché ieri il governatore Roberto Formigoni era con Luca Cordero di Montezemolo nelle vesti di presidente della Fondazione Telethon a Niguarda, per inaugurare i nuovi spazi del Centro Clinico Nemo dedicato ai malati di Sla. Chiaro che si parlasse anche di altro. «Montezemolo? Se decide di entrare in politica - dice Formigoni - mi auguro voglia dare un contributo al partito dei moderati in alternativa alla sinistra». Nessuna preclusione. «Siamo pronti ad accogliere tutte le proposte e quelle che Montezemolo sostiene da tempo con la sua fondazione sono certamente interessanti. Le nostre porte sono aperte». Con un solo “ma”. «Che ci siano condizioni di pari dignità». Chiaro che quello a cui Formigoni ormai pensa è un nuovo contenitore del centrodestra. Il cui annuncio, viste le turbolenze romane, potrà essere rimandato da Silvio Berlusconi di qualche giorno, ma che sembra ormai vicino al varo. «Il Pdl sta cambiando pelle». Perché la sconfitta elettorale, soprattutto in Lombardia, ha fatto male. Le colpe? «Le responsabilità - assicura Formigoni - sono molteplici». I candidati sbagliati? «Forse qualche scelta non è stata troppo felice, ma sarebbe troppo semplice buttare loro addosso la croce». Come se ne esce? «Dobbiamo restare uniti e fare tutti un esame di coscienza». I vertici lombardi del partito da mettere in discussione? «Tutti dobbiamo metterci in discussione».
Come ha già fatto il coordinatore Mario Mantovani che ha già consegnato le dimissioni a Berlusconi. Respinte. Con qualche malumore ieri in Regione. «Continuando a respingere le dimissioni - si lagna un consigliere di stretta osservanza formigoniana - non si va da nessuna parte. Qui chi sbaglia non paga mai. E il partito va a fondo». Con qualcuno che spinge per approcciare il fronte dei cattolici che non votano Pdl e ben rappresentati dal capogruppo del Pd Fabio Pizzul. Termometro di un’inquietudine non certo diminuita dopo l’incidente del tabellone che rivelando un voto che sarebbe dovuto rimanere segreto, ha scoperto due franchi tiratori (Stefano Maullu e Angelo Gianmario) tra i banchi del centrodestra. Dove la spaccatura tra laici e ciellini diventa sempre più feroce. «Non andiamo a casa - spiega un altro consigliere - solo perché se facciamo i conti se andiamo a votare invece di 24 posti, ce ne restano si e no una dozzina. E i leghisti invece di 20 rischiano di tornare in 4». Perché di questi tempi è importante saper far di conto. I numeri sono risicati («con Nicole Minetti che non si vede mai») e in aula arriva la mozione dell’opposizione per sfiduciare Formigoni. Che, almeno per ora, può contare sulla fedeltà della Lega. «Noi - assicura il vice presidente Andrea Gibelli - siamo rispettosi dell’alleanza votata dagli elettori». Ma anche qui c’è un “ma”.

«Il congresso federale di giugno che avrà il compito di decidere una rinnovata linea politica e disegnare strategie e alleanze future». Ma le uscite e gli incontri con Formigoni di Bobo Maroni sembrano lasciar intravvedere un riavvicinamento e la ricomposizione del centrodestra.

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