La storia di ripete sempre due volte, la prima in tragedia, la seconda in farsa, disse Carlo Marx, una frase molto citata, ma nei fatti più spesso scordata. Si avvicina infatti l'anniversario della morte del giovane missino Ramelli avvenuta in un mese, quell'aprile 1975, punteggiato da scontri e agguati, finiti con altri due giovani ammazzati. Ma il ricordo, anziché momento di riflessione, scatena ancora tensioni. La sera del 29 i «camerati» sfileranno per ricordarlo, anche se non saranno tollerati simboli e saluti fascisti, mentre ai «compagni» è stata interdetta la piazza. Entrambi hanno accolto mugugnando le disposizioni del questore e non è detto che le rispettino.
Sergio Ramelli, 19 anni da compiere a luglio, in quel mese di aprile 1975 giaceva in un letto d'ospedale, privo di conoscenza. Un mese prima era caduto in un agguato dei picchiatori di Avanguardia Operaia, gli «idraulici», perché soliti usare la chiave inglese «Hazet 36» che faceva tristemente rima con «fascista dove sei?». Fu subito chiaro che non sarebbe sopravissuto, ma questo non impedì alla «volante rossa» di continuare la sua caccia all'uomo.
Il 16 aprile dopo una manifestazione, decine di estremisti, tra cui l'ex assessore alla cultura della giunta Pisapia Stefano Boeri, incrociarono in piazza Cavour tre fascisti. Due riuscirono a fuggire, Antonio Braggion si rifugiò in auto, subita circondata. Mentre sulla carrozzeria cadevano le sprangate, il neo fascista sparò tre colpi uccidendo Claudio Varalli di Bollate, un anno più giovane di Ramelli. La rabbia dell'estrema sinistra esplose immediata con l'occupazione della sede del Giornale, allora in piazza Cavour. Il giorno dopo migliaia di giovani marciarono lungo corso XXII Marzo per assaltare la sede del Msi di via Ludovico Mancini. Intercettati dalle forze dell'ordine, iniziarono gli scontri, culminati con la morte di Giovanni Zibecchi, milanese di 28 anni. Il 18 aprile venne assaltato e incendiato lo studio di Gastone Nencioni, senatore e storico fondatore del Msi quindi nei giorni successivi vennero aggrediti e gravemente feriti il consigliere provinciale missino Cesare Biglia, i sindacalisti e semplici militanti. Il 28 aprile estremisti andarono a manifestare sotto casa Ramelli minacciando di morte il fratello Luigi.
Il tragico aprile 1975 si concluse poi il 29 con la morte di Ramelli, da allora ricordato ogni anno dai «camerati». Un appuntamento che però non ha mai mancato in questi anni di suscitare tensioni. Evidentemente la storia non è ancora riuscita a insegnare nulla. Vale per tutti l'esempio di Saverio Ferrari, condannato a tre anni e due mesi per l'assalto del 1976 a una bar frequentato dai fascisti. In quegli anni era uno dei massimi dirigente di Avanguardia Operaia, nella cui sede di viale Bligny furono trovati i nomi e foto dei «nemici del popolo», tra cui anche quello di Ramelli. Ferrari ora di occupa del sito «Osservatorio democratico sulle nuove destre», dove continua a schedare gli odiati nemici, con tanto di nomi e foto. Qualche anno fa dopo un presidio dell'ultra sinistra, Luciano Muhlbauer, ex consigliere regionale e grande elettore di Giuliano Pisapia, venne visto poi saltellare in un corteo che urlava «Uccidere fascisti non è reato». Quest'anno perciò la questura ha impedito ogni manifestazione di sinistra.
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