Tra Regione e Comune solo insulti

Si avvicinano le elezioni e addio galateo istituzionale: rissa su moschee, Expo, Sea e case popolari

Tra Regione e Comune solo insulti

Minacce di ricorsi alla Corte costituzionale, accuse di essere «ignoranti» e altre maleparole. Tutto come previsto. L'avvicinarsi della campagna elettorale per eleggere nella primavera del 2016 il nuovo sindaco di Milano, ha messo Comune e Regione in uno stato di guerra perenne. E l'agenda dei due Palazzi é ormai quotidianamente compilata con gli scontri e adesso anche gli insulti che rendono difficile, se non addirittura impossibile, una normale collaborazione alla gestione della cosa pubblica. Neppure un minimo di galateo istituzionale e tutto, dall'Expo alle residenze per gli anziani, é ormai diventato terreno di scontro. Non un bello spettacolo per Milano che si accinge ad accogliere capi di Stato, ministri e governatori in arrivo da tutto il mondo.

C'è alta tensione a Palazzo Marino dove il sindaco Giuliano Pisapia é messo evidentemente sotto pressione dai compagni di coalizione che prima delle calende greche vorrebbero sapere se intenda ricandidarsi o meno. Perché altrimenti sono in molti a sperare di poter salire sul carro a tenere le redini. Magari anche Stefano Boeri che fu scottato l'altra volta e non a caso ieri su «Repubblica» ha mandato a dire al suo rivale (non solo di un tempo) un messaggio piuttosto chiaro: «Non riconosco più Milano». E così anche Pisapia è costretto ad alzare i toni. «Una brutta legge ideologica» ha detto per sfregiare il provvedimento che impone regole urbanistiche e di sicurezza ai nuovi edifici religiosi e che ha evidentemente preso di mira soprattutto le moschee a cui il Comune ha invece aperto un bando. Si potrá essere d'accordo e anche minacciare di arrivare fino alla Corte costituzionale, ma forse una legge approvata da un'assemblea eletta dai lombardi meriterebbe più rispetto. Anche dal vice sindaco Ada Lucia De Cesaris, una che sta facendo più che un pensierino alla poltrona di Pisapia e che l'ha bollata come «segno di ignoranza» proprio mentre si accinge a «regalare» al Leoncavallo l'ex stamperia di via Watteau. Illegalmente occupata e che ora grazie al Comune sarà dei leoncavallini. Ovviamente a spese pubbliche.

Ma oltre all'ultimo scontro sulle moschee, tra Regione e Comune c'è molto altro. A cominciare dall'Expo. Anzi dal dopo Expo, quel milione di metri quadrati che rischiano di diventare una landa desolata. Altro che nutrire il pianeta. Perché non è un mistero che a Maroni piacesse la proposta fatta dall'amministratore delegato del Milan Barbara Berlusconi di costruire il nuovo stadio olimpico, mentre Palazzo Marino preferirebbe il distretto delle aziende ad alto tasso di innovazione, collegato a funzioni pubbliche. Ed è per questo che non ha concesso la partecipazione alla gara per lotti separati che avrebbe aperto la strada ai rossoneri. Per non dire degli schiaffi dopo la proposta di Vittorio Sgarbi che voleva portare a Milano i Bronzi di Riace e lo scontro sulle Vie d'acqua quando Maroni scoprì che il sindaco era più vicino ai comitati no-canal che alla Regione. Poi l'irritazione di Pisapia per le vicende giudiziarie: prima il coinvolgimento di Infrastrutture lombarde, società interamente partecipata dalla Regione, nella presunta cupola degli appalti. Ma la Regione, a sua volta, non prese bene il sempre maggior potere concesso all'ingegner Marco Rettighieri e gli appalti assegnati a Italferr a scapito di Ilspa. Poi ci sono la Sea dove Maroni vorrebbe entrare per far risorgere Malpensa e Linate. Silenzio dal Comune. Così come è naufragata la newco che avrebbe dovuto gestire tutte le case popolari con il Comune che ha stracciato il contratto con Aler e affidato le sue 30mila a Mm. Niente da fare per la fusione Atm-Trenord su cui ha lavorato Maroni e neppure per quella tra Pio Albergo Trivulzio e Redaelli. Regione contro Comune anche nel progetto della Città della salute.

Sono state scintille anche per il convegno in difesa della famiglia tradizionale organizzato dalla Regione a cui Pisapia ha contrapposto le barricate contro prefetto e ministro che gli imponevano di non registrare i matrimoni gay celebrati all'estero. E a eleggere il nuovo sindaco manca ancora un anno. Ce n'è di tempo per gli insulti.

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