Il renziano Bussolati: «Pd ininfluente a Milano»

Vanno al ballottaggio. Sarà l'assemblea di 150 delegati, il 4 novembre, a scegliere il nuovo segretario milanese del Pd. Se la giocheranno il renziano Pietro Bussolati e la bersaniana Arianna Cavicchioli. Nei congressi degli oltre 160 circoli, sabato, il primo ha ottenuto 2.576 voti (33,4%) e l'ex sindaco di Rho si è fermata a 2.337 voti (30,3%). Fuori dal secondo turno gli altri due candidati: il consigliere comunale David Gentili ha ottenuto 1.513 voti (19,7%); l'ex sindaco di Locate Triulzi Arianna Censi 1.281 voti (il 16,5%).
Hanno votato 7.700 compagni. E nonostante la possibilità di votare data anche agli iscritti dell'ultima ora le tessere sono molto calate dal 2012. Con quattro candidati (veri) in corsa, era scontato che l'elezione diretta dei militanti di base non ci sarebbe stata. E ora la vittoria finale di Bussolati è probabile, sia per l'effetto-Renzi (il sindaco di Firenze viene dato ormai come segretario in pectore), sia per le dinamiche locali. Ieri infatti Arianna Censi (espressione di «Area Dem» e dunque renziana) pur col dovuto fair play per gli altri ha preso atto del risultato, praticamente invitando i suoi a convergere su Bussolati: «La partecipazione degli iscritti e il loro voto - ha detto - ci indicano con forza il desiderio di cambiamento ed anche la via da seguire. Pietro Bussolati è stato in grado di interpretare e rappresentare questa volontà». «Un'indicazione chiara. E Arianna è una donna che la politica la capisce» commenta l'interessato, escludendo però accordi «da vecchia politica». È renziano, Bussolati, ma non vuol essere schiacciato sui rottamatori. Anzi: «Prova a prendermi», dice al suo amico Matteo, scherzando un po' sulla possibile vittoria milanese del capo-rottamatore, che in effetti lui sostiene già dal 2012 (e non erano in molti, allora, a Milano, tanto che il sindaco qui con Bersani perse). «Intanto ha vinto Bussolati», sorride. E ci tiene a sottolineare che gli schieramenti locali non corrisponderanno alle correnti nazionali. «Intanto i “renziani” non esistono - precisa - e se esistono non sono una corrente». Garantisce comunque che non avrà solo appoggi renziani il 4 novembre. Le dichiarazioni pubbliche gli danno ragione. Già dalla vigilia ha ottenuto l'endorsement del consigliere regionale Fabio Pizzul (che non si è dichiarato renziano). Ieri ha incassato quella dell'assessore Piefrancesco Majorino (che continua a dichiararsi non-renziano). «Il mio voto rispecchia sì la voglia di cambiamento - ammette Bussolati - ma credo che sia stato anche un voto per le nostre proposte». Cosa propone? «Un Pd più snello, più partecipato», meno burocratico insomma. E più giovane. D'altra parte ha 30 anni. Come Cavicchioli non è stato eletto in Regione, ma ha conquistato 4mila preferenze. Il cambio di passo lo chiede anche a Palazzo Marino, dove il Pd è uscito malconcio dalle dimissioni di Maria Grazia Guida e Stefano Boeri: «Il Pd ha pagato una certa ininfluenza - ammette - dobbiamo parlare con una voce sola, ma di tutti, non di un gruppo ristretto. D'altra parte a Pisapia serve una sponda forte del Pd, non una lista della spesa ma una visione, anche nell'ottica metropolitana e di Expo». E il giudizio sul sindaco? «Completamente positiva la sua azione. È lui il nostro interlocutore. Per i nostri elettori Pisapia è come se fosse del Pd».

Qualcuno anche a sinistra storce la bocca pensando alle stangate: «Gli aumenti delle tasse sono brutti - ammette, lui che è bocconiano - ma in giunta lo sanno, e tutti i Comuni si sono trovati nelle stesse difficoltà col taglio dei trasferimenti».

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