La serenità pacata di chi ama il proprio lavoro e a Milano ha ritrovato collaboratori stimati, un'accorata volontà di concertazione a tutto campo e la consapevolezza dell'importanza di un ruolo di primo piano nel quale vuole entrare con la cautela del tempo necessario, non ha impedito al neo prefetto di Milano, Renato Saccone, di esprimere delle considerazioni personali. Mai in contrasto, però, con l'operato e «la strada già tracciata» da chi l'ha preceduto, Luciana Lamorgese. Ieri a palazzo Diotti Saccone si è offerto ai cronisti in maniera molto generosa (ha parlato per circa un'ora) e lo fatto dopo una mattinata non esattamente di tutto riposo: aveva incontrato il governatore Attilio Fontana, poi il sindaco Beppe Sala e quindi conosciuto i vertici delle forze dell'ordine.
Saccone - 62 anni, casertano di Santa Maria Capua Vetere, alle spalle una classica carriera prefettizia che lo ha portato anche a Milano dove è stato prima capo di gabinetto, quindi vice prefetto vicario, andandosene nel 2009 per tornare ora dopo essere stato prefetto di Torino oltre due anni - ha affrontato subito temi «scottanti», mostrando grande sensibilità nei confronti dei giovani e preoccupazione e per il consumo degli stupefacenti anche fuori delle scuole.
«Quando sento parlare di Rogoredo, per il quale non credo si tratti solo un problema di repressione ma anche di sviluppo, penso subito all'abbassamento dell'età di chi consuma stupefacenti. Non è solo la questione di una o più telecamere - ha ripetuto più volte il neo prefetto di Milano -. Noi faremo la nostra parte e cercheremo di farla ovviamente insieme ad altri soggetti, ci saranno più controlli, non esistono zone franche in città. Però il danno può diventare irreparabile e dobbiamo cercare di prevenirlo, non solo per colpire lo spaccio ma anche diffondere sempre più una maggiore consapevolezza della pericolosità del consumo. L'attività di repressione deve essere immediata e si farà in modo importante, l'altra richiede un lavoro di più lungo periodo ma va fatta assolutamente con la stessa intensità, senza mortificare però i nostri ragazzi, bisogna avere molta fiducia nei nostri ragazzi».
Già stamattina Saccone affronterà temi milanesi più immediati, dal punto di vista temporale. Anche lui infatti dovrà decidere sull'autorizzazione alla commemorazione dei caduti della Repubblica di Salò, prevista per il primo novembre al Campo X del Cimitero Maggiore. Solo un anno fa la partecipazione alla cerimonia costò a una trentina di esponenti di estrema destra, tra i 150 intervenuti, una denuncia per apologia del fascismo da parte della questura. Saccone ha sottolineato che «ci sono luoghi non compatibili con manifestazioni politiche, escludendo naturalmente quelle istituzionali e legati alla storia del paese».
Quindi il nuovo prefetto di Milano ha risposto alle domande più disparate, passando da immigrazione, occupazioni abusive, sgomberi e stazione Centrale.
«I sindaci troveranno qui in corso Monforte la loro casa, un luogo di confronto - ha premesso Saccone -. Insieme, anche nel caso di sensibilità politiche diverse, troveremo la soluzione più adeguata. Lo stesso succederà per altre emergenze. In tema di migranti voglio ringraziare proprio loro, i sindaci, con i quali in un momento difficile, poco più di un anno fa, è stato fatto un protocollo».
«Ora però si apre una fase nuova dettata anche dal fatto, decisamente non secondario, che a luglio 2017 c'erano circa 6200 immigrati nei centri mentre oggi sono 4400, un terzo in meno
rispetto a prima - ha concluso il prefetto -. Avvicinandosi anche il termine del protocollo, vanno fatte riflessioni differenti. La probabile riapertura del centro di via Corelli? Io sono per il dialogo senza pregiudizi».
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