In ricordo di Martini 700 candele ogni ora

In ricordo di Martini 700 candele ogni ora

Settecento fiamme di candele accese ogni ora continuano a ricordare sulla tomba il cardinale Carlo Maria Martini. Sveva ha nove anni. In ginocchio davanti al Cocifisso della navata sinistra del Duomo prega per lui, sepolto dentro una tomba bianca sotto una croce su cui Cristo sembra un adolescente, una lapide in marmo attorniata da fiori bianchi come per la morte di un fanciullo. «Però - confessa Sveva - ho detto l'Ave Maria e un Angelo di Dio. L'Eterno riposo no, perché per me il cardinale è morto, ma non è proprio morto, morto. Credo che il Paradiso ci sia per davvero».
Il popolo di candele è come la fila di gente che seguita ad arrivare. Soprattutto donne, bisogna dirlo. Donne, come è sempre stato sulla tomba di un uomo di spirito. Si inginocchia anche Grazia Persico, 47 anni. «E' difficile esprimere quello che sento. Sono troppo colpita - dice -. Quando Martini era in vita non ho prestato attenzione a lui. Ora avverto una mancanza che nemmeno io riesco a spiegarmi. E' come se la sua morte avesse aperto in me una profondità che non mi sarei mai aspettata. Così, eccomi qua» riesce a pronunciare solo questo, commossa, troncando la conversazione.
Silvano Bianco è in piedi. «Ci ha lasciato con una speranza: l'uomo può sempre migliorare già su questa terra, se vuole. Credo in un futuro migliore in altra vita, ma sono d'indole molto pragmatica per cui amo gli uomini che testimoniano che il miglioramento dell'essere può verificarsi subito, su questa terra».
Piange Maria Remigio di Pescara. Piange la morte di Martini e quella del marito Salvatore, scomparso da quattro mesi. «Ho vissuto a Milano per tre anni, mentre Martini era arcivescovo. Percepivo i suoi sforzi affinché anche all'interno della Chiesa si verificasse una maggior apertura del cuore. La sua testimonianza incita soprattutto gli uomini di Chiesa ad impegnarsi di più per dare un buon esempio. Mi spiego? Oggi in tutti i settori, nessuno escluso, poche persone sanno dare la testimonianza di una vita corretta e chiara, senza tradimenti, senza cattive condotte. Quella vita che ho trovato in mio marito, che era un uomo semplice, e in Martini, nella sua grandezza».
E' stato un dono, secondo Liliana Ferrari di Sesto San Giovanni e l'amica Maria Sacchi. «Martini ha donato tutto se stesso. Non dimentico quando è venuto a Sesto a celebrare. Aveva una parola santa per credenti e non credenti, per i seguaci di tutte le religioni. L'essere umano era l'essere umano, senza distinzioni». Un donarsi che era semplicità e intelligenza. «Aveva una grande mente. Mi ha impressionata il suo ritiro a Gerusalemme.

Un gesto forte e simbolico» conclude Maria.
Beatrice, 9 anni, tiene in mano un cagnolino di peluche mentre accende una candela. «E' la prima tomba che vedo. Sto provando molta tristezza e dispiacere, ma se prego sto bene».

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