Più ore di lavoro, con carichi maggiori, senza riconoscimenti retributivi e senza pause, esaurimento nervoso e disturbi muscolo-scheletrici. È quanto emerso dall'inchiesta sul lavoro in smart working nel settore dell'Ict a Milano( settore delle tecnologie e dell'informazione) realizzata dalla Fiom Cgil di Milano, presentata in occasione dell'evento «Lo smart working è sostenibile?» svoltosi nell'ambito della Milano Digital Week. L'inchiesta è stata realizzata in collaborazione con la Fondazione Sabattini e la cattedra di Diritto al lavoro della facoltà di Giurisprudenza dell'Università Statale di Milano. Il questionario è stato proposto alle lavoratrici e ai lavoratori dell'Ict presenti a Milano che hanno il contratto collettivo nazionale dell'industria privata ed è stata presentata in assemblee realizzate in video conferenza e la raccolta dei questionari si è svolta da metà dicembre 2020 alla prima settimana di marzo 2021. Sono 20 le aziende coinvolte tra le più importanti del settore. Sono state fatte circa 100 domande su salute e sicurezza, orario di lavoro, carichi di lavoro, autonomia della prestazione, definizione degli obiettivi, controllo del datore di lavoro, privacy, costi/benefici. Sono stati completati 3.152 questionari, di cui 2.084 uomini e 1.068 donne, l'età varia dai 20 ai 64 anni, sono stati esclusi i dirigenti. Da sottolineare che l'83% dei rispondenti non è iscritto al sindacato. «Al centro della Milano Digital week - precisa Matteo Gaddi, della Fondazione Sabbattini - c'è il concetto di sostenibilità che è declinabile sia in senso ambientale che sociale. E con questa inchiesta abbiamo cercato di capire quanto lo smart working sia sostenibile. Il concetto che viene fuori è quello di un orario di lavoro molto dilatato, come fosse un contenitore elastico. Questa dilatazione avviene in due modi. Informale: le persone che lavorano in smart working ricevono una serie di comunicazioni in maniera ufficiosa tramite email o messaggistica al di fuori dell'orario di lavoro che arrivano anche dopo le 8 di sera. Un altro elemento che determina l'allungamento della giornata lavorativa è più grave, perché afferente direttamente alla responsabilità aziendale, come l'organizzazione di riunioni al di fuori dell'orario contrattuale di lavoro, a cui partecipa il 40% dei lavoratori».
«Per cercare di quantificare - precisa - in cosa consiste questa dilatazione, è stato chiesto se le persone lavorano più ore al giorno rispetto a quando si recavano in ufficio e la risposta è stata che ben l'80% lavora di più rispetto all'orario contrattuale e il 60% dichiara che questo succede almeno due volte a settimana. Oltre il 40% dedica da una a due ore al giorno in più, mentre ne dedica più di due ore il 10% dei rispondenti».
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