"Rossini e Sting raccontano il mondo che vuol risorgere"

Il direttore spiega un secolo di musica messo in scena. "In questa pandemia è un atto di speranza universale"

"Rossini e Sting raccontano il mondo che vuol risorgere"

Oggi, alla Scala, con diretta su Ra1 e Radio3, va in onda uno spettacolo di tre ore con 24 stelle del canto, ballerini, attori, ognuno in azione per 3 minuti, poi via. Presenze tanto stellari quanto fulminee. È l'orchestra il filo che cuce la lunga e popolata tela della serata. L'Orchestra della Scala regna nella platea trasformata in golfo mistico e condotta dal suo direttore, Riccardo Chailly.

Maestro, lo spettacolo chiude con il finale del «Guglielmo Tell» e un volo su Milano. Di fronte a queste immagini, cosa avverte da milanese?

«È un notturno molto toccante. Una Milano di notte. Una Milano che pensa, medita. Non c'è nulla di vivo o mondano, ma un senso di quiete sulla città. E le immagini scorono su una delle pagine che ha consacrato Rossini fra i massimi compositori. In questi ultimi minuti l'atto di speranza della città si salda con la bellezza, potenza e forza irresistibile della musica».

Vedremo luoghi icona della città. Il suo luogo del cuore?

«Essendo nato e cresciuto a Milano, non ho un luogo specifico. Sono tanti gli angoli della città che mi ricordano l'infanzia, le passeggiate coi nonni ancor prima che con i genitori. E così, ripercorro le memorie di quand'ero ragazzo».

Cosa le piace di Milano?

«La amo. Città conflittuale, dalla quotidianità talvolta difficile dato il suo ritmo alto se non nevrotico. Ma offre tantissimo. E la si può vivere molto bene».

La serata chiude con la sensazione di «contento» che «non può l'anima spiegar» dice Guglielmo Tell. Che peso hanno queste parole in un momento storico come il nostro?

«È un atto di speranza universale nell'orrendo periodo pandemico. L'augurio di vedere un segno di conclusione positivo in una tragedia planetaria».

Come è nato il progetto di questo spettacolo? Lei ha individuato i 31 brani musicali e basandosi su questi il regista Davide Livermore ha creato il racconto teatrale-cinematografico?

«Proprio così. Le scelte di repertorio sono state fatte anche prestando attenzione alla disponibilità dei cantanti, perché non si può dare un ruolo a una voce non adatta. E così abbiamo individuato ventiquattro voci formidabili per un percorso che attraversa un secolo di musica, da Rossini alla Turandot di Puccini».

Com'è dirigere in platea?

«Abbiamo trovato un suono eccezionale, ideale. Viviamo con gioia questo momento irripetibile, perché la platea deve accogliere il pubblico».

Lo spettacolo si articola in 13 micro-drammaturgie toccando i temi chiave dell'opera. Quale le è particolarmente caro?

«Io credo alla positività del finale del Guglielmo Tell. Stasera dirigo musica che adoro, ma se devo scegliere una pagina che da sempre mi trasmette un'emozione profonda, sono proprio i 4 minuti del Finale».

Quando Livermore le ha spiegato che avrebbe inserito la lettura di «Fragile» di Sting, come ha reagito?

«Mi è sembrato giusto. Se è fatto con intelligenza e buon gusto, sarebbe assurdo non coinvolgere qualche elemento importante dell'oggi, anzi mi spiace non aver potuto - per mancanza di tempo - aggiungere altri passi di musica contemporanea».

Si legge una lirica di Montale. Lei che rapporto ha con la poesia?

«La poesia mi affascina. Ma in questo periodo sono concentrato sulle opere di Flaiano dove trovo un forte senso della realtà, un po' come può essere il cinema del neorealismo, ma anche una visione poetica del mondo».

In questi giorni, alla Scala c'è un'incredibile concentrazione di numeri uno del canto. Quali le gioie e le difficoltà del lavorare con artisti di primissimi livello?

«Sono tutti grandi artisti, ma anche grandi amici. Facciamo musica assieme da anni, quindi ci si capisce rapidamente. È stata una collaborazione molto rapida per ogni numero musicale e col desiderio di unire il pensiero interpretativo dei cantanti e il mio. La conoscenza di lunga data ha reso possibile uno spettacolo altrimenti impossibile».

Gli artisti vestono Armani, Valentino, Dolce&Gabbana, Curiel. Lei che frac indossa?

«Avrò il mio solito frac».

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