Dice di essere nato in paradiso Sebastião Salgado. Il grande fotografo brasiliano venne alla luce settant'anni fa in una benestante e numerosa famiglia ad Aimorès, nello stato del Mine Gerais: nacque in una fazenda intrisa dei colori e dei profumi della foresta tropicale. «Negli anni Novanta i miei genitori lasciarono a me e alle mie sette sorelle tutto il terreno, ma dell'antica e rigogliosa natura era rimasto ben poco.
Era quasi solo terra bruciata. Il progetto fotografico di «Genesi» cominciò dal tentativo di recuperare quel terreno, di farlo tornare alla sua vita primigenia» ¸ racconta Salgado, ieri di passaggio a Milano, colorito, sorridente, di blu vestito per la presentazione ufficiale della sua «Genesi» che apre il cartellone delle mostre fotografiche a Palazzo della Ragione, nel cuore di piazza dei Mercanti. Genesi ovvero come spiega Lélla Wanick Salgado, moglie del fotografo e «mia socia per tutto ciò che facciamo nella nostra vita» - la ricerca di luoghi, paesaggi, animali e uomini «incontaminati»¸ «ecologicamente puri»¸ «primordiali».
Ci sono voluti dieci anni di lavoro, di cui due solo di ricerca d'archivio, e spedizioni per reportage fotografici lunghi otto mesi ciascuno per realizzare questo epico progetto artistico e ambientale: i Salgado da un lato sono diventati attivisti cercando risorse per la riforestazione della zona di Aimorès con 2 milioni di alberi («e ringraziamo molto l'Italia, Paese generoso») dall'altro hanno documentato l'anima primordiale del Pianeta Terra. Ma esiste davvero?, viene da chiedersi. A Palazzo della Ragione nella mostra prodotta dal comune, Civita, Contrasto e Gamm Giunti e aperta fino al 2 novembre - si compie un viaggio per immagini nel 46% dei territori terrestri rimasti intatti (dati Unesco) o sfiorati solo tangenzialmente dal progresso umano e tecnologico.
Sono 245 le foto di Salgado, rigorosamente in bianco e nero, esposte in mostra secondo un percorso forse troppo denso per l'esiguo spazio a disposizione e scandito in cinque sezioni: si comincia con il sud del Pianeta e gli scatti in Argentina, nel ghiacciaio Perito Moreno, tra i ghiacci dell'Antartico e gli albatros del Cile, la seconda sezione è dedicata ai «Santuari del pianeta» ossia a quelle isole che custodiscono un tesoro inestimabile per la biodiversità come le Galapagos, il Madagascar e la Papua Nuova Guinea.
Si procede poi con gli scatti africani, molti dei quali ripresi dalle mongolfiere, per non disturbare gli animali della savana, per passare all'emisfero Nord, con scatti dell'Artico ma anche del Colorado e vedute del Grand Canyon da brivido. La mostra si chiude con il ritorno «a casa», in quell'Amazzonia brasiliana e venezuelana dove vivono ancora piccole tribù indigene, tra una flora e fauna maestose e variegate: sono gli scatti sull«animale uomo» , da sempre al centro dell'obbiettivo di Salgado, quelli che emozionano di più.
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