Luca Pavanel
Il sassofonista statunitense Ornette Coleman? «Era come suonava», un personaggio surreale. Il trombettista Paolo Fresu? «Ama stare in compagnia con un buon bicchiere di vino». E ancora, il batterista Usa Peter Erskine: «Uno a cui piace scherzare, si può dire un giocherellone». Parlare con Roberto Cifarelli, 52 anni, è come aprire un'enciclopedia del jazz. Non di quelle tradizionali con profili, opere, concerti e date. Ma una raccolta di impressioni, storie vissute direttamente, immagini. Soprattutto scatti.
Già, perché Roberto, che di professione fa il progettista di macchinari agricoli e l'imprenditore - vanta oltre trenta brevetti - è uno dei maggiori fotografi in pista per il jazz: ritratti, concerti e tour. Collabora con le più prestigiose riviste internazionali. E, logicamente, fa mostre. L'ultima esposizione che ha deciso di mettere in piedi, dal titolo Le strade del jazz, si può visitare sino alla fine di gennaio al jazz club Blue Note Milano di via Borsieri: trentacinque immagini esposte sulle oltre 240 realizzate, una galleria un poco ridotta, probabilmente per ragioni di spazio, ma sufficienti per documentare abbastanza un aspetto della musica tanto interessante quanto poco indagato. Ovvero, la vita che accade prima o dopo il «live», giù dal palcoscenico, meglio se fuori da teatri o locali. Dove gli artisti hanno modo di rivelarsi umanamente. Cifarelli ne ha conosciuti davvero tanti.
«Ho iniziato a occuparmi di fotografia musicale tra jazz, classica e brasiliana all'inizio del Duemila - racconta - mi piaceva andare ai live, scattare e poi incontrare loro, i protagonisti, con cui a volte sono nati rapporti di amicizia». Dal suo particolare osservatorio questo fotografo ha ritratto centinaia di volti, a volte i più grandi («sì, praticamente li ho quasi incontrati tutti», dice orgoglioso). Foto che dopo essere state esposte a mostre sono diventate materiale per pubblicazioni: «Per esempio il libro del 2003 Emozioni, scritti, immagini del jazz italiano; oltre i personaggi ci sono testi o spartiti». Una galleria con Gianni Basso, Fabrizio Bosso da giovane, Paolo Fresu, prefazione del chitarrista milanese Franco Cerri. Poi, nel 2013, una mostra sui primi dieci anni del Blue Note, coi suoi protagonisti. Ora i ritratti in strada.
«Un'occasione che ho avuto per vedere da vicino e conoscere i musicisti - racconta -. Momenti particolari in cui dopo il concerto la maggior parte di loro si lascia andare, si fa conoscere».
Lo spaccato è quello di un popolo colorato e originale di virtuosi-creativi appassionati; «si, i jazzisti sono così, persone che danno l'anima e il corpo per la musica». Ma non monocorde, spesso colti «e interessati alle più diverse forme di arte, in particolare pittura e letteratura», spiega.
Gente che «ama stare con gli altri, condividere, raccontare, parlare delle cose della vita e non soltanto di quello che fanno sul palco».Quali sono le immagini dei sogni o dei rimpianti di Cifarelli? «Non ho potuto immortalare il trombettista compositore Miles Davis. Ci penso ancora».
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