Niente sciopero: c'è Italia-Germania. I sindacati hanno accolto nei giorni scorsi l'invito del prefetto revocando - solo a Milano - lo sciopero previsto per ieri, giorno «consacrato» all'amichevole. Un'iniziativa apprezzabile quella del prefetto, che ha voluto probabilmente evitare problemi di ordine pubblico, oltre all'evidente disagio che l'interruzione avrebbe provocato alle migliaia di spettatori della partita. Una decisione comprensibile anche quella delle sigle sindacali, che tuttavia in questo modo - inconsapevolmente, implicitamente - hanno riconosciuto che, soprattutto nel settore del servizio pubblico, dello sciopero si è fatto un uso distorto, che ha forzato la storia e la natura di questo strumento. È Walter Galbusera, segretario milanese della Uil, che solleva la questione: «Un evento di qualunque natura che coinvolge migliaia di persone in via di principio deve essere garantito - premette - Fin qui nulla di strano. Se non che per tutte le altre decisioni di sciopero non vale lo stesso ragionamento per tutelare le decine di migliaia di persone, che non sono protetti da eventi straordinari ma che devono pur tuttavia presentarsi puntuali al lavoro». «Come salvaguardare nello stesso tempo il diritto di sciopero e il diritto altrettanto rispettabile a usufruire del servizio pubblico? - chiede dunque Galbusera - L'esercizio dello sciopero ha come obiettivo di infliggere un danno economico alle imprese per ottenere benefici contrattuali. Il danno arrecato agli utenti è un tipico effetto collaterale. Forse sarebbe il caso di adottare nuove modalità di gestione del conflitto che mantengano l'efficacia delle forme di lotta senza far pagare prezzi eccessivi ai cittadini. Se lo sciopero fosse virtuale e i costi sopportati dai lavoratori in termini di perdita della retribuzione assieme alle perdita di entrate delle aziende finissero in un fondo comune destinato al welfare aziendale (prestazioni di sanità integrativa erogazione di borse di studio ai figli dei dipendenti) non sarebbe riprovevole né altererebbe le dinamiche contrattuali. Nello stesso tempo i cittadini sarebbero maggiormente salvaguardati e certo non mancherebbe la loro solidarietà a tutto vantaggio della credibilità politica del sindacato».
Quello di ieri era uno sciopero generale, ma il discorso non cambia. Ormai si è innescato un meccanismo perverso. Intanto è evidente a tutti la distorsione: gli effetti dello sciopero sono subiti da un soggetto terzo, estraneo alle due parti della vertenza e soprattutto nel caso in cui il servizio sia esercitato in regime di monopolio (come accade per Atm). Non solo, le varie sigle e siglette sempre più spesso proclamano agitazioni per «mostrare i muscoli» nell'ambito della competizione interna con altre organizzazioni. E di tutto questo fanno le spese i cittadini, che in questo caso - oltretutto - vedono venir meno un servizio spesso già pagato (in regime di abbonamento) e in più devono spendere soldi e tempo per spostarsi comunque. Muoversi infatti è un diritto essenziale, strumentale oltretutto a tutti gli altri (curarsi, studiare, lavorare). Poche migliaia di persone (10mila per la Cgil) ieri hanno sfilato nelle strade di Milano coi leader sindacali.
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