«Una moschea non dovrebbe essere appoggiata all'edificio che ospita una chiesa». È una delle prime «avvertenze pratiche» che il cardinale Angelo Scola propone per la costruzione di una moschea a Milano in vista dell'Expo. Avvertenze importanti: bisogna valutare «chi fa la domanda», «chi sta dietro», «che tipo di bisogni ha». Bene la moschea, ripete ancora una volta l'arcivescovo, perché la costruzione di luoghi di culto è uno dei primi banchi di prova della libertà religiosa, ma «ci sono avvertenze pratiche che vanno seguite». Niente ingenuità, favorire le comunità islamiche già da tempo a Milano, tutela da ingerenze di Paesi stranieri.
Al convegno dal titolo «Sul crinale. Cristiani e Musulmani tra secolarismo e ideologia», organizzato alla Statale dalla Fondazione Oasis, il cardinale entra così anche nella più attuale delle questioni che incarnano il tema: la convivenza tra i luoghi di culto a Milano. Una posizione realista, che parte dal «meticciato di civiltà» in atto senza ignorare diritti e doveri, bisogno di legalità, condizioni storiche di religioni e culture protagoniste.
Separare il loglio e mietere il grano. «Milano deve ritrovare la sua anima, come tutta l'Europa, e dentro l'Europa deve ritrovare la sua fisionomia particolare» dice ancora Scola. E «il meticciato di civiltà, standoci dentro e lasciandosi contagiare dal positivo che gli altri vivono, per tendere insieme a partecipare di beni comuni necessari per una vita buona» è «un elemento decisivo per il futuro di Milano». Un dialogo che anche sul piano concreto mette al bando gli integralismi.
Questioni che riguardano tutto il mondo. Il luogo in cui sono più incandescenti è il Medio Oriente, con i suoi focolai in cui la minoranza cristiana è duramente provata a causa di «una teologia politica e di una religione ideologizzata». A questo integralismo islamico il cardinale dedica un importante passaggio della sua relazione: «Liquidare la questione come un utilizzo improprio della religione a fini politici rischia facilmente di diventare auto-assolutorio». E invece: «Occorre parlare di una compromissione in cui gli uomini delle religioni assumono non di rado un ruolo attivo, facendosi istigatori di atti di violenza». Il riferimento più diretto è al dramma dei Copti in Egitto, alla Chiesa nigeriana e pakistana, alla tragedia siriana. «Un fatto tanto più grave in quanto una simile compromissione rappresenta un radicale tradimento dell'esperienza religiosa» dice il cardinale.
Tra i temi di battaglia comune tra cristiani e musulmani proposti all'Occidente l'eliminazione della pena di morte per chi cambia religione.
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