Tra profezie Maya, centurie di Nostradamus e scienziati che prevedono la caduta di rovinosi meteoriti, si parla spesso della fine del mondo. La annunciano anche i Vangeli e l'Avvento si apre con un riferimento alla seconda venuta di Gesù, alla fine dei tempi.
Il cardinale Angelo Scola, nell'omelia di ieri pomeriggio in Duomo, invita a non avere paura: «Non aspettiamo terrorizzati la fine del cosmo e della storia. Questa avverrà secondo tempi e modi su cui i saperi giustamente continuano ad indagare, ci auguriamo senza ignorare la libertà di Dio, quella dell'uomo e il gioco perverso del maligno». Ecco il motivo di speranza: «Noi aspettiamo pazientemente la manifestazione gloriosa di Colui che è già venuto: Cristo». E «quando verrà nello splendore della gloria potremo ottenere i beni promessi».
Naturalmente, ricorda il cardinale, non bisogna dimenticare «il fatto, troppo spesso rimosso, che la fine del nostro tempo personale implicherà il giudizio misericordioso, ma giusto, di Dio su ognuno di noi». Il quadro che presenta il Vangelo è apocalittico. Dal profeta Isaia «il giorno del Signore» è descritto come «una devastazione» a cui partecipa la creazione: le stelle non daranno più luce, il sole e la luna si oscureranno.
L'arcivescovo Scola guarda a ciò che ci accade intorno: «Non facciamo fatica a riconoscere alcuni segni sconvolgenti presenti anche nei nostri tempi. Non mancano le guerre, le tragedie cosmiche, ingiustizia e miseria». Ma «il Santo Vangelo oggi conclude con un rincuorante invito alla speranza».
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